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diritti, fisiologia della nascita, kristeller, medicalizzazione, nascita, normativa, sentenze intorno alla nascita
Ho trovato in rete un’immagine che mi ha fatto molto riflettere.
Con sarcasmo viene messa a confronto una scena di finta estasi con una di puro e deforme terrore, per descrivere il travaglio e il parto attraverso gli occhi scenografici dei film e delle serie tv.
Accostamento divertente, irritante, mordace. Reale?
In parte si, i film raramente mostrano immagini costruttive sulla nascita.
Si passa da scene ipermedicalizzate in cui l’analgesia e gli interventismi ruotano intorno a donne che urlano in posizione litotomica,
a scene dai contorni estatici, senza catarsi. Chi osserva non percepisce nulla del potente percorso di Nascita, di energie, dei Passaggi che la danza del parto porta con sé.
E poi c’è l’altra immagine che vuole rappresentare la realtà:
una donna completamente terrorizzata dalle immagini del parto.
A livello socio-culturale, la gravidanza pare aver perso parte delle sue radici.
Pratiche, manovre, comunicazione, immagini evocative,… hanno costruito una percezione ed una realtà che necessita di essere risanata.
Da un lato si assiste ad un percorso sociale di connessione con la danza della Nascita,
dall’altro lato si registra un processo ancora lungo di elaborazione.
Ancor oggi vengono messe in atto alcune pratiche obsolete, non supportate dalle più aggiornate evidenze scientifiche. Pratiche che vengono accettate in alcuni casi, come risultato dell’assenza di un reale consenso informato chiaro e trasparente e/o della mancanza di conoscenza dei propri diritti (non solo di dover/poter esigere la richiesta del consenso informato, ma anche di poter dire di No a qualsivoglia trattamento medico).
Pensiamo all’episiotomia.
Si tratta di una manovra che è stata introdotta e diffusa dapprima negli USA dove è stata promossa con argomentazioni fallaci e manipolate. L’episiotomia era associata alla “protezione del feto” con evocazioni di stampo emotivo, come:
“Ogni minuto in cui la testa del bambino staziona nel perineo, perde due punti del proprio QI”
“il cervello fetale soffre per le pulsazioni e la congestione in un parto difficile, col rischio di andare incontro a danni celebrali e anossiemia o asfissia”
“La discesa della testa del bambino, per la madre, è come un colpo di forchetta che buca il perineo; per il bambino è come sbattere la testa contro una porta.”
Ovviamente, nessuna di queste affermazioni è fondata. Tuttavia, sono state sfruttate per giustificare un’estesa e generalizzata diffusione di questa mutilazione genitale.
Autori come Sheila Kitzinger hanno pubblicato studi sull’impatto fisico ed emozionale dell’episiotomia.
Un impatto che, nel nostro ordinamento giuridico, è stato per certi versi ripreso in alcune sentenze come la n. 11958 della Terza Sezione Civile della Cassazione tramite la quale una coppia ha ottenuto un significativo risarcimento danni a seguito dell’episiotomia effettuata, senza consenso, durante il parto.
Considerato che è ormai dimostrato che questa tecnica può implicare una lesione (un taglio) alla ghiandola del Bartolino, deputata alla lubrificazione vaginale nei rapporti sessuali, nonché a lacerazioni anali e del retto, la Terza Sezione Civile della Cassazione ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Roma, che aveva riconosciuto a due coniugi un risarcimento dei danni, ma solo in misura contenuta.
La donna, durante il travaglio del parto, era stata sottoposta a un intervento di episiotomia riportando lesioni gravi permanenti con un’irreversibile incontinenza anale. Ciò aveva avuto gravi ripercussioni sulla sua vita fisica, psicologica nonché sessuale e su quella del marito, entrambi quindi si sono rivolti al giudice contro l’ente sanitario Ausl Roma G per ottenere il risarcimento di tutti i danni, biologico, patrimoniale e non.
O ancora, Il tribunale di Venezia (causa civile inscritta al 16591/2005 con sentenza 30/0233/2009) in una circostanza affine ha sancito che
l’episiotomia è un intervento chirurgico: poco rileva che sia eseguita di routine, e che usualmente non si chieda il consenso della paziente. Si tratta di un intervento volontario – e cruento – su un paziente, e non vi è ragione di non annoverarlo fra i trattamenti sanitari, i quali a mente della Costituzione non possono esser praticati se non previo consenso debitamente informato.
Proseguendo poi:
“In concreto per tale intervento la paziente non fu né previamente informata in ordine alla opportunità di praticarlo né a potuto quindi rifiutarlo, cosa che ella avrebbe potuto fare solo alla luce di una corretta e completa analisi di vantaggi e svantaggi.
L’intervento in questione costituisce fattore predisponente e comunque statisticamente correlato con un incremento percentuale dei casi di lacerazione del perineo, e, di conseguenza, con possibili lesioni sfinteriche.
L’avere praticato un intervento predisponente alla lesione, senza il consenso o il rifiuto della paziente – e secondo il CTU, che sul punto diffusamente argomenta – senza alcuna indicazione dei possibili svantaggi – costituisce ulteriore comportamento colposo, che come tale va ascritto ai convenuti tutti.”
Parte del danno, oltretutto, è nascosto. Alcune donne riferiscono che l’episiotomia ha avuto un impatto non indifferente nella loro vita sessuale (intensa in senso lato, non solo come atto sessuale di coppia).
L’ostetrica Jenny Sleep ha evidenziato come il suo uso routinario non protegge dalle lacrime, non tutela il bambino e non previene infezioni.
Per questo è davvero importante che la comunicazione tra la donna e il professionista sia di tipo collaborativo, rispettoso, umano.
Uno dei consigli dati alle donne è quello di chiedere gli studi scientifici alla base delle proposte indicate; tuttavia questa richiesta, laddove non ci sia un rapporto né un intento votato alla comprensione e all’ascolto reciproco, può scontrarsi con limiti intrinseci (per quanto possa essere utile per mettere in luce, in alcuni casi, l’assenza di una base scientifica aggiornata).
Pensiamo ancora all’ampio uso di ultrasuoni, tecnica promossa come sicura e messa in discussione, a partire da una ricerca del 1979 (seguita da altre più recenti).
In questo studio è stata messa in luce “la persistenza di un comportamento anormale nelle cellule esposte ad una singola dose diagnostica di ultrasuoni dieci generazioni dopo l’insonazione”.
La rivista The Lancet ha, a sua volta, pubblicato uno studio condotto su più di 9000 donne divise in due gruppi: da un lato coloro che si sottoponevano a precoci e frequenti ecografie routinarie, dall’altro coloro il gruppo di controllo. Le evidenze emerse in questo studio, confermano ogni incertezza sulla reale e benefica necessità di questo tipo di approccio, in modo generalizzato e spersonalizzato.
Questa situazione aiuta a comprendere come, a livello socio-culturale, è davvero difficile percepire cosa si intenda per “parto fisiologico”.
Talvolta il concetto viene associato al “parto vaginale”, espressione che di per sé può anche non avere nulla di fisiologico (pensiamo ad un parto senza libertà di movimento e/o in cui viene praticata la Kristeller e/o in cui la donna non si sente a proprio agio, che si sente umiliata, sminuita, in balia dell’altrui volere, e così via).
L’impatto della nascita sulla salute della diade (mamma e bambino, a breve e a lungo termine) necessita di trovare la sua giusta collocazione.
La danza del parto (in tutte le sue sfumature soggettive e ossimoriche) dona l’opportunità alla donna di percepire ulteriormente la propria potenza, la propria natura mammifera, la propria competenza nel prendersi cura del suo bambino.
Non si tratta di riflessioni superficiali sul tipo di parto, né di classificazioni generiche e astratte. E’ un discorso sulla sostanza, sulla vera libertà di scelta, sulla reale facoltà di essere parte attiva nell’autodeterminare il proprio percorso (qualunque esso sia) e di rispettare e custodire la Nascita e la Diade.
Provate a prendere in braccio e portare via dalla mamma un cucciolo di scimpanzé o di gorilla appena nato: la mamma vi ucciderà
– Beverley Beech –
E’ una sensazione che alcune mamme possono raccontare con grande trasporto.
Un camminare sulla corda come un’equilibrista, bilanciandosi tra il disagio e ciò che viene inculcato ed accettato a livello culturale.
Non lo sentivo giusto…si, insomma, il mio bambino ed io dovevamo stare insieme, mi dava fastidio vederlo lontano, in braccio ad altri
– Mamma Lucia –
Siamo indotte a legittimare e ad accettare che chiunque possa prendere in braccio un bambino, compreso il proprio. Che il distacco (anche precoce) sia razionalmente comprensibile, che sia un problema della mamma e/o del bambino il non accettare serenamente la separazione e le interferenze.
Sanare la Nascita significa ripartire dall’umanità e dalle radici.
Vuol dire riscoprirsi Potenti e Competenti, vuol dire conoscere i propri diritti (legali, etici, morali, emotivi,…), implica una connessione empatica con i propri bisogni e quelli della persona che ci sta di fronte, rispettandosi.