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La nascita tra le mani

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Il parto: illusione vs realtà

02 venerdì Ott 2015

Posted by La nascita tra le mani in Benessere, Gravidanza, i diritti della donna e del bambino, nascita

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Tag

diritti, fisiologia della nascita, kristeller, medicalizzazione, nascita, normativa, sentenze intorno alla nascita

Ho trovato in rete un’immagine che mi ha fatto molto riflettere.

Con sarcasmo viene messa a confronto una scena di finta estasi con una di puro e deforme terrore, per descrivere il travaglio e il parto attraverso gli occhi scenografici dei film e delle serie tv.

Accostamento divertente, irritante, mordace. Reale?

In parte si, i film raramente mostrano immagini costruttive sulla nascita.

Si passa da scene ipermedicalizzate in cui l’analgesia e gli interventismi ruotano intorno a donne che urlano in posizione litotomica,

a scene dai contorni estatici, senza catarsi. Chi osserva non percepisce nulla del potente percorso di Nascita, di energie, dei Passaggi che la danza del parto porta con sé.

E poi c’è l’altra immagine che vuole rappresentare la realtà:

una donna completamente terrorizzata dalle immagini del parto.

A livello socio-culturale, la gravidanza pare aver perso parte delle sue radici.

Pratiche, manovre, comunicazione, immagini evocative,… hanno costruito una percezione ed una realtà che necessita di essere risanata.

Da un lato si assiste ad un percorso sociale di connessione con la danza della Nascita,

dall’altro lato si registra un processo ancora lungo di elaborazione.

Ancor oggi vengono messe in atto alcune pratiche obsolete, non supportate dalle più aggiornate evidenze scientifiche. Pratiche che vengono accettate in alcuni casi, come risultato dell’assenza di un reale consenso informato chiaro e trasparente e/o della mancanza di conoscenza dei propri diritti (non solo di dover/poter esigere la richiesta del consenso informato, ma anche di poter dire di No a qualsivoglia trattamento medico).

Pensiamo all’episiotomia.

Si tratta di una manovra che è stata introdotta e diffusa dapprima negli USA dove è stata promossa con argomentazioni fallaci e manipolate. L’episiotomia era associata alla  “protezione del feto” con evocazioni di stampo emotivo, come:

“Ogni minuto in cui la testa del bambino staziona nel perineo, perde due punti del proprio QI”

“il cervello fetale soffre per le pulsazioni e la congestione in un parto difficile, col rischio di andare incontro a danni celebrali e anossiemia o asfissia”

“La discesa della testa del bambino, per la madre, è come un colpo di forchetta che buca il perineo; per il bambino è come sbattere la testa contro una porta.”

Ovviamente, nessuna di queste affermazioni è fondata. Tuttavia, sono state sfruttate per giustificare un’estesa e generalizzata diffusione di questa mutilazione genitale.

Autori come Sheila Kitzinger hanno pubblicato studi sull’impatto fisico ed emozionale dell’episiotomia.

Un impatto che, nel nostro ordinamento giuridico, è stato per certi versi ripreso in alcune sentenze come la n. 11958 della Terza Sezione Civile della Cassazione tramite la quale una coppia ha ottenuto un significativo risarcimento danni a seguito dell’episiotomia effettuata, senza consenso, durante il parto.

Considerato che è ormai dimostrato che questa tecnica può implicare una lesione (un taglio) alla ghiandola del Bartolino, deputata alla lubrificazione vaginale nei rapporti sessuali, nonché a lacerazioni anali e del retto, la Terza Sezione Civile della Cassazione  ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Roma, che aveva riconosciuto a due coniugi un risarcimento dei danni, ma solo in misura contenuta.

La donna, durante il travaglio del parto, era stata sottoposta a un intervento di episiotomia riportando lesioni gravi permanenti con un’irreversibile incontinenza anale. Ciò aveva avuto gravi ripercussioni sulla sua vita fisica, psicologica nonché sessuale e su quella del marito,  entrambi quindi si sono rivolti al giudice contro l’ente sanitario Ausl Roma G per ottenere il risarcimento di tutti i danni, biologico, patrimoniale e non.

O ancora, Il tribunale di Venezia (causa civile inscritta al 16591/2005 con sentenza 30/0233/2009) in una circostanza affine ha sancito che

l’episiotomia è un intervento chirurgico: poco rileva che sia eseguita di routine, e che usualmente non si chieda il consenso della paziente. Si tratta di un intervento volontario – e cruento – su un paziente, e non vi è ragione di non annoverarlo fra i trattamenti sanitari, i quali a mente della Costituzione non possono esser praticati se non previo consenso debitamente informato.

Proseguendo poi:

“In concreto per tale intervento la paziente non fu né previamente informata in ordine alla opportunità di praticarlo né a potuto quindi rifiutarlo, cosa che ella avrebbe potuto fare solo alla luce di una corretta e completa analisi di vantaggi e svantaggi.

L’intervento in questione costituisce fattore predisponente e comunque statisticamente correlato con un incremento percentuale dei casi di lacerazione del perineo, e, di conseguenza, con possibili lesioni sfinteriche.

L’avere praticato un intervento predisponente alla lesione, senza il consenso o il rifiuto della paziente – e secondo il CTU, che sul punto diffusamente argomenta – senza alcuna indicazione dei possibili svantaggi – costituisce ulteriore comportamento colposo, che come tale va ascritto ai convenuti tutti.”

Parte del danno, oltretutto, è nascosto. Alcune donne riferiscono che l’episiotomia ha avuto un impatto non indifferente nella loro vita sessuale (intensa in senso lato, non solo come atto sessuale di coppia).

L’ostetrica Jenny Sleep ha evidenziato come il suo uso routinario non protegge dalle lacrime, non tutela il bambino e non previene infezioni.

Per questo è davvero importante che la comunicazione tra la donna e il professionista sia di tipo collaborativo, rispettoso, umano.

Uno dei consigli dati alle donne è quello di chiedere gli studi scientifici alla base delle proposte indicate; tuttavia questa richiesta, laddove non ci sia un rapporto né un intento votato alla comprensione e all’ascolto reciproco, può scontrarsi con limiti intrinseci (per quanto possa essere utile per mettere in luce, in alcuni casi, l’assenza di una base scientifica aggiornata).

Pensiamo ancora all’ampio uso di ultrasuoni, tecnica promossa come sicura e messa in discussione, a partire da una ricerca del 1979 (seguita da altre più recenti).

In questo studio è stata messa in luce “la persistenza di un comportamento anormale nelle cellule esposte ad una singola dose diagnostica di ultrasuoni dieci generazioni dopo l’insonazione”.

La rivista The Lancet ha, a sua volta, pubblicato uno studio condotto su più di 9000 donne divise in due gruppi: da un lato coloro che si sottoponevano a precoci e frequenti ecografie routinarie, dall’altro coloro il gruppo di controllo. Le evidenze emerse in questo studio, confermano ogni incertezza sulla reale e benefica necessità di questo tipo di approccio, in modo generalizzato e spersonalizzato.

Questa situazione aiuta a comprendere come, a livello socio-culturale, è davvero difficile percepire cosa si intenda per “parto fisiologico”.

Talvolta il concetto viene associato al “parto vaginale”, espressione che di per sé può anche non avere nulla di fisiologico (pensiamo ad un parto senza libertà di movimento e/o in cui viene praticata la Kristeller e/o in cui la donna non si sente a proprio agio, che si sente umiliata, sminuita, in balia dell’altrui volere, e così via).

L’impatto della nascita sulla salute della diade (mamma e bambino, a breve e a lungo termine) necessita di trovare la sua giusta collocazione. 

La danza del parto (in tutte le sue sfumature soggettive e ossimoriche) dona l’opportunità alla donna di percepire ulteriormente la propria potenza, la propria natura mammifera, la propria competenza nel prendersi cura del suo bambino.

Non si tratta di riflessioni superficiali sul tipo di parto, né di classificazioni generiche e astratte. E’ un discorso sulla sostanza, sulla vera libertà di scelta, sulla reale facoltà di essere parte attiva nell’autodeterminare il proprio percorso (qualunque esso sia) e di rispettare e custodire la Nascita e la Diade.

Provate a prendere in braccio e portare via dalla mamma un cucciolo di scimpanzé o di gorilla appena nato: la mamma vi ucciderà

– Beverley Beech –

E’ una sensazione che alcune mamme possono raccontare con grande trasporto.

Un camminare sulla corda come un’equilibrista, bilanciandosi tra il disagio e ciò che viene inculcato ed accettato a livello culturale.

Non lo sentivo giusto…si, insomma, il mio bambino ed io dovevamo stare insieme, mi dava fastidio vederlo lontano, in braccio ad altri

– Mamma Lucia –

Siamo indotte a legittimare e ad accettare che chiunque possa prendere in braccio un bambino, compreso il proprio. Che il distacco (anche precoce) sia razionalmente comprensibile, che sia un problema della mamma e/o del bambino il non accettare serenamente la separazione e le interferenze.

Sanare la Nascita significa ripartire dall’umanità e dalle radici.

Vuol dire riscoprirsi Potenti e Competenti, vuol dire conoscere i propri diritti (legali, etici, morali, emotivi,…), implica una connessione empatica con i propri bisogni e quelli della persona che ci sta di fronte, rispettandosi.

Monet Nicole

Photo from Monet Nicole – Birthing Stories

Tuteliamo la salute in gravidanza e nel parto, ovvio! Ovvio?

21 mercoledì Gen 2015

Posted by La nascita tra le mani in Benessere, Gravidanza, i diritti della donna e del bambino, Maternage

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Tag

cesareo, diritto alla salute, ecografie, fisiologia della nascita, nascita, normativa

Parlare di diritto alla salute ai giorni nostri può sembrare così scontato,
da non ottenere più di una fugace attenzione.

Salute, però, non è puramente una meccanica assenza di malattia,
è benessere psicofisico.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il diritto alla salute implica “sostenere gli individui nel raggiungimento del più alto livello possibile di salute e benessere”.

La definizione di Salute cui l’OMS fa riferimento consiste in “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo nell’assenza di malattia o d’infermità”.

L’assistenza alla maternità non può quindi ridursi alla sopravvivenza di madre e figlio (“Signora, suo figlio è vivo, cosa vuole di più?”), ma deve mettersi a disposizione come fautrice di benessere psicologico ed emozionale, durante la gravidanza, il parto, nell’accoglienza del bambino e nel puerperio.

L’OMS* ha indicato 15 raccomandazioni basilari per il parto, sottolineando così la valenza del termine “salute”:

1. Per il benessere psicologico della neo-madre deve essere assicurata la presenza di una persona di sua scelta – famigliare o non – e poter ricevere visite nel periodo post-natale.

2. A tutte le donne che partoriscono in una struttura deve venir loro garantito il rispetto dei loro valori e della loro cultura.

3. L’induzione del travaglio deve essere riservata solo per specifiche indicazioni mediche ed in nessuna regione geografica si dovrebbe avere un tasso superiore al 10%.

4. Non c’è nessuna giustificazione in nessuna regione geografica per avere più del 10% – 15% di cesarei.

5. Non c’è nessuna prova che dopo un precedente cesareo sia richiesto un ulteriore cesareo per la gravidanza successiva. Parti vaginali, dopo cesareo, dovrebbero venir incoraggiati.

6. Non c’è nessuna indicazione per la rasatura del pube e per il clistere prima del parto.

7. La rottura artificiale delle membrane, fatta di routine; non ha nessuna giustificazione scientifica e se richiesto, si raccomanda solo in uno stadio avanzato del travaglio.

8. Il monitoraggio elettronico fetale, fatto di routine, deve essere eseguito solo in situazioni mediche particolarmente selezionate e nel travaglio indotto.

9. Si raccomanda di non mettere la donna nella posizione supina durante il travaglio e parto. Si deve incoraggiare la donna a camminare durante il travaglio e di scegliere liberamente la posizione per lei più adatta al parto.

10. L’uso sistematico dell’episiotomia non è giustificato.

11. Il neonato in salute deve restare con la madre ogni volta che le condizioni dei due lo permettano. Nessun processo di osservazione della salute del neonato giustifica la separazione della madre.

12. Si deve promuovere immediatamente l’inizio dell’allattamento persino prima che sia lasciata la sala parto.

13. L’allattamento costituisce l’alimentazione normale e ideale del neonato e dà allo sviluppo del bambino basi biologiche ed effetti impareggiabili.

14. Durante il travaglio si dovrebbe evitare la somministrazione routinaria di farmaci se non per casi specifici.

15. In gravidanza si raccomanda un’educazione sistematica sull’allattamento al seno, poiché attraverso un’educazione ed un sostegno adeguato tutte le donne sono in grado di allattare il proprio bambino al seno. Si deve incoraggiare le madri a tenere il bambino vicino a loro e di offrirgli il seno ogni volta che il bimbo richiede. Si raccomanda di prolungare il più possibile l’allattamento al seno e di evitare il complemento di aggiunte. Una madre in buona salute non ha bisogno di alcun complemento fino a 4 – 6 mesi di vita del bambino.

Sono raccomandazione “nuove”, che di nuovo hanno poco nulla, se non che testimoniano la difficoltà di radicamento nel sostrato medico-culturale di questi principi fondamentali per una Buona Nascita.

Sulla base di queste indicazioni, è nato il Disegno di legge 2006 :
‘Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato’
del quale mi preme riportare l’art. 1.1 a) promuovere un’appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante;
b) assicurare la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell’esperienza della genitorialità;
h) assicurare la qualità dell’assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica nel periodo perinatale da valutare con indicatori adeguati sull’impiego e sui risultati delle pratiche raccomandate sulla base delle prove scientifiche, a partire dal tasso di prevalenza di allattamento esclusivo al seno all’atto delle dimissioni dal reparto;
i) contrastare le disequità territoriali e sociali di accesso ai servizi per la tutela materno-infantile, anche per la popolazione immigrata, mediante l’adozione del modello operativo basato sull’offerta attiva.

Questa presa di posizione del nostro governo (per quanto sia stata in nuce) è a suo modo incoraggiante.

Siamo tutti responsabili e agenti attivi all’unisono, in questa sfera.
Vedere e ricevere input da più fronti è fondamentale, a maggior ragione se provengono dallo Stato, nostro garante.
Può fungere anche da sprone per ricordare che esistono davvero dei diritti di cui renderci portavoce.

Troppi parti vengono sacrificati nel nome di una tutela difensiva (anche e soprattutto legale).
Troppi cesarei prendono piede per moltissime ragioni, troppe poco plausibili e, tra di esse, quella di proteggere la madre ed il bambino da sofferenze.

La sofferenza di madre e bambino, in quei contesti, è reale, ma da dove nasce?
Il cesareo, come qualche altra manovra artificiosa, può (potrebbe!) essere davvero la risposta necessaria e benefica, ma a volte è davvero tale solo se ci ostiniamo a guardare l’ultimo tratto di un lungo percorso.

Cosa ha indotto il meccanismo di reazione fisico-ormonale della madre e del bambino ha mettersi in uno stato di allerta e sofferenza? La madre si sentiva a sua agio? Si sentiva protetta e ascoltata? Poteva muoversi? Era bloccata o libera di esprimersi totalmente? Ha subito pressioni a suon di orologio?

L’esempio del cesareo è usato come lampante portavoce di tutte quelle varie influenze la cui vantaggiosità in termini di salute e benessere, è in dubbio.

Pensiamo alle ecografie.
Alcune donne riferiscono di esser sottoposte a controlli ecografici mensili o bisettimanali, per quasi la totalità dei 9 mesi. Si tratta sicuramente di uno strumento efficace ed importante a livello diagnostico, ma, come si suol dire, in medio stat virtus.

L’Accademia Americana delle Scienze (PNAS) che supporta le raccomandazioni della Food and Drug Administration (ente statunitense per il controllo sui farmaci) mette in guardia contro l’uso di ecografie in gravidanza fatte senza indicazione medica e a scopo commerciale.

A scanso di equivoci, non si vuol demonizzare, tutto il contrario, semmai si tratta di riportare questi controlli ad un piano umano e mediato.

“Il risultato non va interpretato come un allarme nei confronti dell’ecografia”, spiega il neurofisiologo Piergiorgio Strata, dell’università di Torino. “Si tratta piuttosto di invocare il principio di cautela, riconoscendo che questa è una tecnica utile ma della quale non si deve abusare. Va fatta solo quando è necessario”.

A questi dati scientifici e analitici, vanno aggiunte tutte quelle contaminazioni psicologiche ed emozionali che ne derivano.

Una madre resa dipendente dai continui e ripetuti controlli, perde o abbassa drasticamente la consapevolezza verso il proprio corpo.
Con un atto di esclusiva fiducia e dipendenza verso la tecnologia, sacrifica il contatto con se stessa e il proprio bambino.

Questa non è salute, perché non è benessere. E’ solo una passiva e pericolosa delega, non priva conseguenza.

La tecnologia medica è diventata taumaturgica rispetto a paure e timori insiti nel percorso di nascita; paradossalmente, però, la paura e le complicazioni del parto sono aumentate.

E’ importante, quindi, innestare un processo di umanizzazione della nascita.

La salute della diade necessita di tutela sin dall’inizio:
ha bisogno di fiducia ed accoglienza, per poter preservare la sua fisiologia.

Questa è salute, questo (e molto altro ancora) è il benessere

salute nel parto
Artwork: Steve Gribben

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