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Placenta encapsulation
30 giovedì Ott 2014
30 giovedì Ott 2014
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28 martedì Ott 2014
Posted Gravidanza, nascita
inSpesso in gravidanza ci si sente in balia degli eventi e delle decisioni altrui.
Non fa molta differenza se l’anamnesi è fisiologica o se necessita di supporto medico :
la deresponsabilizzazione fattuale (ma non legittima, né giuridica) prende piede.
Non è facile per nessuno.
Lo specialista ha molte volte un suo bagaglio analitico che non necessariamente è supportato da un approccio empatico (siamo umani, ognuno ha il suo percorso di vita, senza contare che molti fattori come la stanchezza e una dura giornata, possono drammaticamente ostacolare ogni tentativo di comunicazione trasparente e aperta).
La società, a sua volte, tende a sminuire ogni atto di consapevolezza sulla maternità.
E’ paradossale.
E’ socialmente accettato e compreso che si impieghi molto tempo per raccogliere informazioni e maturare decisioni relative al matrimonio, alla scelta di una nuova casa e addirittura sulla meta delle successive vacanze; mentre è contestato ogni atteggiamento di premura e di approfondimento sulla gravidanza e sul parto.
Ognuno di noi può cambiare qualcosa.
Possiamo davvero essere il cambiamento,
quella scintilla che, in quel determinato giorno, ha seminato qualcosa, nel mondo, nell’interiorità di un altro.
Uno dei tantissimi strumenti a cui appoggiarsi è il dialogo chiaro, cristallino e dettagliato
con noi stessi e con la persona che vogliamo includere nel nostro percorso.
Il parto è un atto di fiducia, un abbandono fiducioso (non smetterò mai di ripeterlo):
avere al proprio fianco un cerchio di supporto benevolo ed accogliente è basilare.
Perché questa persona merita il privilegio di assistere al mio parto?
Mi fa piacere che ci sia? In caso contrario, cosa posso fare?
Sento di poter seguire lo slancio del mio corpo e di potermi abbandonare in sua presenza?
Sono questioni fondamentali, domande essenziali sulle quali poggiare alcuni passi.
Se i professionisti che ti circondano non credono in te e nella innata capacità di mettere al mondo,
come potrai tu credere in te stessa in un momento così sensibile, delicato e sensitivo come il parto?
Al contrario, se chi ti accompagna in questo percorso ha fede nella competenza fisiologica durante il parto, la sua fiducia sarà di grande aiuto.
Un esempio di elenco di domande da rivolgere, potrebbe essere questo :
– a quanti parti ha assistito di recente?
– quanti parti sono terminati in un cesareo? qual è la percentuali dei parti naturali?
– qual è il suo atteggiamento di fronte ad una gestazione di (oltre) 42 settimane?
– Qual è la percentuale di episiotomie eseguite?
– in quale posizione sono solite partorire le donne che assiste?
– quante partoriscono con un perineo intatto?
– ci sono pratiche particolari che lei ritiene necessarie? Per quale motivo?
– quante persone potranno starmi accanto durante il travaglio?
– lei ha voglia di assistermi nel mio percorso? Accoglierebbe una lista dei miei desideri? Pensa che potrebbe esser accolta all’interno della struttura?
Può anche esser utile domandare la fonte delle informazioni e richiedere ulteriori dettagli per contestualizzare, nel caso si trattino di esperienze dirette.
Se non si capisce qualcosa, è importante chiedere ulteriori spiegazioni.
Questa trama di parole ha un nobile obiettivo : prendersi cura della salute della madre e del bambino. Il concetto di “salute” va ben oltre alla mera sopravvivenza fisica e include il totale Benessere psico-fisico della diade.
A livello concentrico, non possiamo immaginare una società armoniosa e in pieno benessere,
se non partendo da quello del singolo, incominciando dal suo concepimento (e, se vogliamo, anche prima di esso).
La lista riportata è un semplice esempio (nemmeno esaustivo), un modo umile per evidenziare il giusto collocamento dei ruoli (dei soggetti attivi e di quelli meramente assistenziali) durante la gravidanza e nel parto.
26 domenica Ott 2014
Posted Gravidanza, nascita
inSono passati quasi 2 anni dalla nascita di L.
e, come ogni anno, in queste occasioni mi ritrovo a vivere in una diversa dimensione spazio-temporale
in cui il presente e il passato/il qui e il là, si fondono.
Risento le mie mani intrecciarsi a quelle della donna che mi sta di fronte,
piego la testa per accogliere le sue carezze e i suoi delicati sussurri
che celebrano la mia innata e mammifera saggezza e competenza.
Il mio corpo si distende e si contrae :
non sono mai stata così bene perché vivo nella fiducia e nell’accoglienza
e sono aperta all’incontro.
Partorire è un atto di abbandono fiducioso.
È un evento sacro, sessuale ed intimo.
Un atto di umile evoluzione può essere quello di riportarlo alla sua dimensione naturale.
La tecnologia e il progresso hanno creato
una nuova mentalità di discredito dell’umano-terreno e di celebrazione dell’altisonante sviluppo
(intriso di formalismi, titoli e apparecchiature).
Biologia e avanzamento tecnico non sempre sono sintonizzati.
Dagli anni ’50 la fisionomia del parto è completamente mutata.
Prima di allora, la madre partoriva tra le mura domestiche, circondata ed assistita da altre donne, in un’atmosfera familiare ed intima.
Nel dopoguerra lo scenario è mutato,
conducendo la donna a partorire in un ambiente estraneo, in mezzo ad estranei.
Le levatrici sono diventate parte integrate di una équipe che segue un protocollo.
I vantaggi che le nuove scoperte scientifiche hanno portato (maggiore igiene e controlli e minore mortalità materna-neonatale) sono state amplificate sino alla loro deformazione.
Si è giunti ad un punto in cui le donne sono spesso convinte di dover ringraziare l’ospedalizzazione per la sopravvivenza loro e del bambino, quando in molti di questi casi il rischio in cui sono incappate è stato determinato (in modo silente) dal processo di patologizzazione e snaturamento dell’evento (vuoi con manovre routinarie non necessarie, vuoi con l’inibizione dei meccanismi fisiologici che si crea in assenza di accoglienza e supporto empatico e rispettoso).
Non si tratta di sterili generalizzazioni né in estremismi,
è solo un auspicio al raggiungimento di un armonioso bilanciamento tra progresso e naturalità.
Questo può diventare il momento di recupero della maternità e della nascita di una nuova cultura del maternage,
pronta a riconoscere l’unità psicofisica della diade mamma-bambino e a celebrarla.
Provo un senso di unione e di gratitudine nei confronti di tutte noi donne, per la sacralità del femminino,
per questa trama di storie di vita e di famiglie che si intrecciano e si collocano in un disegno universale.
Sento la forza impetuosa di questo fluire e avverto fiducia.
Perché in fondo è questo di cui ha bisogno la nostra umanità, di fiducia.
Fiducia in sé e nell’altro (sia esso un individuo o un disegno più alto) e accoglienza.
Non sempre il percorso che si presenta è quello che avevamo immaginato, anzi, a volte prende le fattezze delle nostre paure.
Ma siamo qui e possiamo lasciarci andare in questa (gioiosa, lacerante, inaspettata,…) apertura.
24 venerdì Ott 2014
Posted Benessere, Gravidanza
inC’è la tendenza a pensare che la riabilitazione del pavimento pelvico sia una semplice sommatoria di esercizi fisici idonei a tonificarlo.
In parte è vero, ma è limitato riferirci alla mera questione fisica.
Questa è una delle slide illustrative usate come supporto esplicativo.
Il bacino, gli organi in esso contenuti, la colonna vertebrale lombare,
le anche, i fianchi e gli organi della riproduzione compongono l’area pelvica.
Ogni parte di essa (come si può vedere nell’immagine che ritrae il diaframma) è connessa in un fascio di muscoli e legamenti.
E, ancora, per citare M. Cervigni :
“Il pavimento pelvico è come un’amaca tesa,
formata da tessuto connettivo muscolo-fasciale
che circonda e sostiene la vagina, l’utero, la vescia e il retto,
li fissa alle pareti pelviche, permettendo loro una mutua adattabilità”
Ogni immagine ed ogni descrizione parla di interconnessione.
Il concetto di “ginnastica riabilitativa” – spesso utilizzato – contribuisce a deviare la questione, settorializzandola.
Prendersi cura ed entrare in contatto con l’area pelvica,
significa aprire un varco comunicativo ben più ampio con se stessi.
Questa è una zona carica di vissuti, di reazioni istintive, in cui si raccolgono le sensibilità emozionali.
Le aree del piacere, della rabbia e della paura sono connesse tra di loro e contribuiscono alla percezione dei confini muscolari.
Pensiamo alla reazione di tensione e all’atto istintivo di stringere i glutei
o alla sensazione di distensione e di rilascio emotivo percepiti a livello pelvico, durante una risata.
Attualmente, ogni attività di riabilitazione è comunemente associata allo stato di gravidanza (periodo in cui questa zona è sottoposta fisicamente ed emotivamente ad un carico più ampio) o ai casi di evidente necessità tonificante (incontinenza).
Come ogni elemento di vita, anche il pavimento pelvico necessita di un costante ascolto.
E’ parte di noi, è intriso del nostro vivere.
Sentire il bacino, portarvi il respiro, conoscere i muscoli pelvici, assaporare la lentezza,
significa amare veramente la parte intima di noi.
23 giovedì Ott 2014
Posted nascita
inTag
Dare al mondo
Questa espressione racchiude l’immensità.
Dare, donare, lasciar andare al suo percorso.
Mondo, universo, cammino.
Venire alla luce.
La sua portata non è da meno.
Venire, raggiungere, camminare verso.
Luce. Cos’altro aggiungere?
Due sentieri connessi verso qualcosa di più grande ed universale
e intrecciati l’un l’altro.
Questi concetti si rendono degni portavoce dell’importanza del contatto continuo ed indisturbato, sin dalla nascita.
Salvo situazioni particolari, nessun protocollo ha diritto (vedasi normativa OMS e il diritto costituzionale alla salute) né ha ragion d’esser prioritario rispetto alla salvaguarda del continuum.
Dire che questa connessione, se priva di interferenze, contribuisce ad un ottimale avvio dell’allattamento*
e riduce l’insorgere della depressione post partum** significa descrivere una concatenazione di eventi che riguardano la stessa matrice :
la naturalità di un fenomeno che sa e può compiersi solo se lasciato alla sua saggezza innata.
Ridoniamo fiducia al nostro corpo e alla sua competenza di saper generare benessere!
Foto da Mandala Journey