Sportello giuridico sui diritti intorno alla Nascita

Custodi Del Femminino

La Nascita Tra le Mani è diventato un progetto dell’associazione Custodi del Femminino.

Lo scopo di questo progetto è diffondere informazioni e offrire uno sportello di supporto giuridico sui diritti intorno alla nascita (gravidanza, parto, puerperio).

 

Scrivete a marika@custodidelfemminino.it

siamo felici di darvi sostegno!

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L’episiotomia nelle nuove linee guida dell’OMS: il NO delle donne

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Chiunque in questi giorni decida di collegarsi al sito dell’OMS per dare un’occhiata alle nuove linee guida su gravidanza, parto e puerperio, si troverà di fronte a questa comunicazione:

“WHO has been alerted to concerns expressed related to the wording on episiotomy in specific situations. We have temporarily removed the publication from the website while we are doing a review of the evidence with in-house and external experts. We will make the publication available on the website once the review is completed and any needed revisions are made.”

ossia l’OMS è venuto a conoscenza delle preoccupazioni concernenti l’uso della episiotomia così come indicata e contestualizzata nella revisione 2015 delle linee guida,

così ha temporaneamente rimosso la pubblicazione dal sito web mentre sta conducendo una revisione con esperti interni ed esterni. La pubblicazione sarà di nuovo disponibile sul sito una volta che la revisione sarà completa.

Questa situazione è l’emblema della forza delle donne, dell’importanza della nostra voce.

Il cambiamento avviene dal basso ed è nelle nostre mani, nella nostra consapevolezza.

Non si sa ancora che piega prenderà questa revisione, tuttavia possiamo apprezzare il qui ed ora nato da questo gesto: una petizione che le donne brasiliane hanno creato e indirizzato all’OMS, all’UNICEF e all’UNFPA.

Questa è la versione originale che potete consultare e firmare: World Health Organization: Withdraw “Pregnancy, childbirth, postpartum Guideline 2015”

Qui di seguito, la traduzione in italiano.

<< Noi, donne brasiliane, siamo rimaste sorprese dalla recente pubblicazione della versione aggiornata di “Gravidanza, nascita, postpartum e cura del neonato. Una guida per le pratiche indispensabili (3a edizione)” redatta dall’OMS – World Healt Organization (WHO) 2015, nella quale sono emerse alcune raccomandazioni non basate su evidenze scientifiche e che rappresentano un potenziale danno per la salute sessuale e riproduttiva della donna nonché una violazione dei correlati diritti, un quadro che implica una mancanza di rispetto per i nostri corpi.

La sezione D5 della succitata guida contiene una Tavola con raccomandazioni per compiere una “generosa episiotomia” secondo le seguenti “indicazioni”: presenza di verruche e cheloidi, precedente lacerazione di 3° grado, emorragia in qualsiasi momento del terzo trimestre, precedente cesareo, uso di ventosa o forcipe, età anagrafica inferiore a 14 anni.

Le donne, le attiviste e i membri del movimento sociale,

visto che questa guida, nonostante si dichiari “aggiornata su evidenze scientifiche” (cit. “Queste linee guida revisionate includono un’ampia serie di evidenze scientifiche aggiornate”), non descrive il metodo di selezione e di raccolta di queste evidenze, né ha inserito citazioni riferite a studi, né elenca in modo trasparente il processo di elaborazione,

chiedono pubblicamente l’attenzione dell’OMS (WHO), dell’UNICEF e dell’UNFPA in merito alle seguenti considerazioni:

  1. Coerentemente con quanto indicato dall’OMS stesso, deve esserci una valida ragione per interferire con il processo naturale (1996)
  2. La “valida ragione” deve essere sostenuta da solide basi scientifiche. L’onere della prova della fondatezza dell’intervento è a carico di chi lo propone. Archibald Cochrane (1974) aveva già in passato ha affermato che “uno deve…sempre ritenere che un trattamento sia inutile a meno che ci siano evidenze scientifiche che provino il contrario”.
  3. La sopracitata guida consiste in una versione aggiornata della pubblicazione del 2003, con una prima revisione del 2006 ed una corrente del 2015, senza una singola modifica nel testo della sezione D5, nella quale sono inserite le raccomandazioni per l’episiotomia.
  4. Nel 2003, erano presenti solide evidenze contro l’uso routinario dell’episiotomia e non c’erano basi che supportavano l’uso dell’episiotomia nelle situazioni qui sopra elencate, così che rende davvero incomprensibile capire come si sia sviluppata questa raccomandazione. Quali sono stati i criteri? Nel 1983, Thacker e Banta hanno pubblicato il loro studio bibliografico esaustivo, nel quale hanno sottolineato l’assenza di evidenze sui benefici di un’episiotomia routinaria e hanno portato evidenze sul danno associato a questa procedura. Nel 1984 il primo studio clinico randomizzato (RCT) pubblicato dal British research group ha documentato una percentuale pari al 10% delle episiotomie laddove si applica un uso restrittivo e selettivo, contro il 51% laddove si eseguono episiotomie con un approccio routinario: chiaramente è emerso un alto tasso di perinei intatti nel primo gruppo. Questo studio conclude che non si può dare alcun supporto scientifico all’uso routinario dell’episiotomia e che non è nemmeno statuire che questa procedura sia idonea a ridurre la morbilità postpartum. Nel 1993 l’Argentine Episiotomy Trial Collaborative Group ha pubblicato un RCT evidenziando una maggiore frequenza di morbilità nel gruppo nel quale è stata eseguita un’episiotomia di routine, giungendo quindi alla stessa raccomandazione. In accordo con gli autori, l’episiotomia di routine deve essere abbandonata, dal momento che non ci sono basi per giustificare un tasso sopra il 30%. A questi studi RTC ne sono seguiti altri, riepilogati nel primo Studio bibliografico della Cochrane Collaboration (2000).
  5. Nel 1996 una pubblicazione intitolata “Care in normal birth: a practical guide” riprendendo queste evidenze scientifiche (citate nel documento), ha aggiunto questa raccomandazione: “in conclusione, non ci sono valide evidenze che mostrino effetti benefici legati all’uso liberale e routinario dell’episiotomia, mentre ci sono chiare prove dei danni che può causare. In un parto fino a quel momento fisiologico può verificarsi una valida indicazione per un’episiotomia, ma è comunque raccomandato un uso ristretto. Il tasso complessivo di episiotomie raggiunto nello studio inglese (10%) senza danni alla madre o al bambino (Sleep et al 1984) è un buon obiettivo da raggiungere”.
  6. Come può essere raggiunta la percentuale al di sotto del 10%, propria di un uso restrittivo dell’episiotomia, con queste generalizzate e assurde indicazioni, molte delle quali prive di un chiaro fondamento, senza evidenze scientifiche dell’efficacia e ognuna delle quali senza un singolo studio di controllo a supporto della loro necessità?
  7. In aggiunta, l’ultima versione della Cochrane Collaboration (2009) che include 8 studi RCT su un campione 5,541 donne, dimostra in modo chiaro i benefici di un uso restrittivo dell’episiotomia: minore frequenza di severi traumi perineali, bassa percentuale di traumi all’area perineale posteriore, minore necessità di suture, minore rischio di ferite e di complicazioni. Senza benefici attestati, non ci sono ragioni per insistere su un uso liberare e generoso delle episiotomie. Semmai le questioni che necessitano un’indagine sono esattamente collegate sul se esistano indicazioni per un uso restrittivo dell’episiotomia in situazioni come parti strumentali (uso di ventosa o forcipe-kiwi), nascita pretermine, supposta macrosomia e come prevenzione per un imminente e severa lacerazione perineale.
  8. Ad oggi, nessuna di queste situazioni descritte sopra ha ricevuto prove a supporto dell’utilità dell’episiotomia, tramite studi randomizzati,. In aggiunta l’OMS ha incluso assurde pretese per avallare il suo uso, come un precedente cesareo, un’età anagrafica inferiore ai 14 anni, verruche genitali, precedente storia di parto strumentale e emorragia nel terzo trimestre, motivazioni per le quali non ci sono evidenze scientifiche di supporto.
  9. “per evitare traumi perineali” è un’affermazione senza una robusta base scientifica esplicativa, perché l’episiotomia è a sua volta un trauma/una lacerazione di secondo grado e l’unico modo tramite cui una donna può mantenere integro il perineo è, appunto, quello di evitare l’episiotomia. In aggiunta, c’è un tangibile fattore di rischio associato ad un severo trauma perineale, documentato non solo da Cochrane ma anche in altri studi (Hartmann et al 2005).
  10. Di recente, alcuni studi hanno indagato se l’uso dell’episiotomia fosse necessaria in ogni situazione. La manovra è stata introdotta nella pratica ostetrica nel 1742 da Sir. Fielding Ould senza nessuna evidenza scientifica a riprova della sua efficacia, per poi diventare una prassi comune dal 1920 con “raccomandazione” di un uso routinario da parte di Joseph DeLee (1920) e di altri eminenti ostetrici, in un contesto di crescente ospedalizzazione e medicalizzazione nell’evento Nascita, a sua volta senza corroboranti prove, quali dichiarazioni e analisi dei benefici. In questo paradigma tecnocratico e secondo questa visione del corpo femminile come “difettivo e dipendente dall’intervento medico per la nascita”, è emerso un progressivo aumento dell’uso dell’episiotomia routinaria, prassi che è stata fortemente contrastata dai movimenti sociale degli anni ’70. La straziante situazione odierna porta a chiederci se tale procedura possa essere paragonata alla mutilazione genitale (Marsden Wagner, 1989) dal momento che l’episiotomia trova ancora indicazioni d’uso nella moderna ostetricia. Sono stati pubblicati studi osservazionali senza uso di episiotomia nel parto nei quali si descrive un tasso di perineo integro pari al 60% (Albers et al., 2006; Amorim et al., 2014; Suto et al., 2015). Un vasto studio ha mostrato che in presenza di determinati fattori (quali parto strumentale, distocia della spalla, presentazione occipitoposteriore, macrosomia, distress fetale), l’evenienza di un trauma perineale severo è significativamente più alto quando è eseguita un’episiotomia (Steiner et al, 2012). Nel 201 è stato pubblicato un compendio del primo studio RCT sul non-uso dell’episiotomia in qualsivoglia situazione versus un uso restrittivo dell’episiotomia, studio dal quale è emerso una percentuale di episiotomie più bassa del 2%  senza alcun severo trauma perineale (Amorim et al, 2015).
  1. In risposta all’aumento delle evidenze scientifiche, la pratica dell’episiotomia è in discesa in tutto in mondo, incluso il Brasile, dove nonostante l’elevato tasso (ossia il 54% come descritto nella ricerca “Birth in Brazil”, 2014) il paese annoverava un tasso sul 90% nelle primipare. Se queste supposte “raccomandazioni” dell’OMS presenti nella sue linee guida del 2015 venissero seguite, appare chiaro come questa tendenza al ribasso dell’uso dell’episiotomia potrebbe essere bloccata, di rimando è assai probabile che aumenteranno tutte le complicazioni inerenti il suo uso liberale (complicazioni che tuttora esistono) in contrasto con il programma nazione di umanizzazione della nascita, adottata del Ministero della Salute dal 2000, basato sulle linee guida dell’OMS del 1996.
  1. E’ possibile notare un’ulteriore peculiarità nel nostro paese: partiamo col considerare che il 56% delle nascite avviene via cesareo (2014) e, dal momento che un significativo numero di candidate per un parto vaginale dopo il cesareo (VBAC) potrebbero tranquillamente rientrare nell’elenco di casistiche da trattare con episiotomia – così come indicato all’interno delle linee guida dell’ OMS/UNICEF/ UNFPA-, si possono percepire tranquillamente le conseguenze a cui si andrà incontro. Questo significa letteralmente banalizzare la procedura, un ritorno all’uso liberale dell’episiotomia e anche un concreto rischio di estendere questa pratica (ancora in cerca di un fondamento logico per tutte le primipare). Si sta ritornando ad un uso routinario dell’episiotomia come descritto in passato? Perché del Brasile si dice che siamo un paese in cui “quando  non c’è un taglio sopra, c’è un taglio sotto” (Diniz and Chachan, 2004).
  1. Infine, sottolineiamo quanto sia palpabile, leggendo il testo, la preoccupazione da parte degli autori delle linee guida nel concepire l’autonomia e il protagonismo della donna che dovrebbe sempre essere tenuto in considerazione, come richiesto dai principi base di bioetica e di rispetto dei diritti umani. Ad eccezioni delle situazioni di imminente rischio di morte, è vietato ai professionisti sanitari di eseguire procedure senza il consenso e contro il volere della donna.
  1. Il non necessario uso dell’episiotomia è stato descritto come un’ulteriore forma di violenza ostetrica, come un abuso e un trattamento pericoloso durante la nascita. In linea col documento pubblicato del 2015 “ogni donna ha il diritto al più alto standard di salute possibile, incluso il diritto alla dignità e a cure rispettose durante la gravidanza e il parto”. E’ palese una lampante contraddizione insita nelle “raccomandazioni” delle recenti linee guida sul parto perché l’uso liberale dell’episiotomia non si configura come il più alto standard di cure, né tanto meno prende in considerazione il diritto al rispetto e alla dignità, durante la gravidanza e il parto. Allo stesso modo non chiedere il consenso per eseguire l’episiotomia è esempio di una possibile sovrapposizione di violenza nel parto: “Le categorie di abuso si possono accavallare; per esempio, la scelta di un operatore  di eseguire un’episiotomia non necessaria senza chiedere nemmeno il consenso alla donna può essere ricondotto sua al vizio di consenso che all’abuso fisico. Se il tutto fosse poi eseguito in un contesto senza privacy (come l’assenza di tende), si configurerebbe anche la fattispecie di violazione della privacy/confidenzialità”. (Miller and Lalonde, 2015).
  1. Movimenti sociali, inclusi gli attivisti della nascita per l’umanizzazione del parto e il movimento femminista, si sono mobilizzati contro la pratica dell’episiotomie non necessarie. Uno dei motti di questa campagna è “perineo intatto”, invocato per l’abolizione delle episiotomie di routine. Il solo modo per preservare l’integrità del perineo parte dall’evitare le episiotomie stesse perché, come è stato ampiamente discusso, l’episiotomia è già di suo un trauma/una lacerazione di secondo grado, che aumenta il rischio di severi traumi perineali.

Non possiamo ammettere che nel XXI secolo, con gli importanti progressi avvenuti nell’ambito sanitario grazie ad evidenze scientifiche, le società, i concili sulla sanità e le organizzazioni diffondano inadeguate raccomandazioni sul parto, promuovendo interventi non necessari.

Domandiamo quindi che l’OMS, all’UNICEF e all’UNFPA tolgano dalla circolazione queste linee guida, finché non siano in grado di spiegare il processo di sviluppo delle medesime, presentando le evidenze scientifiche esistenti e emettendo raccomandazioni basate su rilevanti evidenze scientifiche sull’uso dell’episiotomia. Sfortunatamente, se mai i professionisti sanitari che assistono al parto intedessero seguire queste raccomandazioni con tutta la fiducia che di solito essi accordano alle pubblicazioni dell’OMS, si genererebbero molti e seri danni. Per questa ragione è davvero urgente che l’OMS risponda a questo manifesto, in modo da evitare irreparabili problemi di salute nelle donne.

Bibliografia

1.World Health Organization. Pregnancy, childbirth, postpartum and newborn care. A guide for essential practice (3rd edition), 2015.
2. World Health Organization. Care in Normal Birth: a practice guide. Geneva, Switzerland, 1996.
3. Cochrane AL. Effectiveness and Efficiency. Random reflections on health services. The Nuffield Provincial Hospitals Trust, 1974.
4. Thacker SB, Banta HD. Benefits and risks of episiotomy: an interpretative review of the English language literature, 1860-1980. Obstet Gynecol Surv 1983; 38:322-38.
5. Sleep J, Grant A, Garcia J, Elbourne D, Spencer J, Chalmers I. West Berkshire perineal management trial. Br Med J 1984;289:587-90.
6. Argentine Episiotomy Trial Collaborative Group. Routine vs selective episiotomy: a randomised controlled trial. Lancet 1993; 342: 1517-18.
7. Carroli G, Belizan J. Episiotomy for vaginal birth. Cochrane Database Syst Rev 2000; (2): CD000081.
8. Carroli G, Mignini L. Episiotomy for vaginal birth. Cochrane Database Syst Rev 2009;(1)CD000081.
9. Hartmann K, Viswanathan M, Palmieri R, Gartlehner G, Thorp J Jr LK. Outcomes of routine episiotomy: a systematic review. JAMA. 2005;4:2141-8.
10. Albers LL, Sedler KD, Bedrick EJ, Teaf D, Peralta P. Factors related to genital tract trauma in normal spontaneous vaginal births. Birth 2006; 33: 94-100.
11. Amorim MM, Franca-Neto A, Leal NV, Melo FO, Maia SB, Alves JN. Is it possible to never perform episiotomy during vaginal delivery? Obstet Gynecol 2014; 123 Suppl 1:38S.
12. Suto M, Takehara K, Misago C, Matsui M. Prevalence of Perineal Lacerations in Women Giving Birth at Midwife-Led Birth Centers in Japan: A Retrospective Descriptive Study. J Midwifery Womens Health 2015; 60: 419-27.
13. Steiner N, Weintraub AY, Wiznitzer A, Sergienko R, Sheiner E. Episiotomy: the final cut? Arch Gynecol Obstet 2012; 286:1369-73.
14. Amorim MMR, Franca-Neto AH, Katz L, Coutinho I, Melo I. Selective Episiotomy Compared With Implementation of a Nonepisiotomy Protocol: A Randomized Clinical Trial. Obstetrics and Gynecology 2015; 125 Suppl 1.
15. Carmo Leal Md, Pereira AP, Domingues RM, et al. Obstetric interventions during labor and childbirth in Brazilian low-risk women. Cad Saude Publica 2014; 30 Suppl 1:S1-16.
16. Brasil. Ministério da Saúde. Secretaria de Políticas de Saúde. Área Tecnica de Saúde da Mulher. Parto, aborto e puerpério: assistência humanizada à mulher. Brasília: Ministério da Saúde, 2001.
17. Diniz SG, Chacham AS. “‘The Cut Above’” and “‘the Cut Below’”: The Abuse of Caesareans and Episiotomy in São Paulo, Brazil. Reprod Health Matters. 2004;12:100-10.
18. World Health Organization. The prevention and elimination of disrespect and abuse during facility-based childbirth. 2015.
19. Miller, S., Lalonde A. The global epidemic of abuse and disrespect during childbirth: History, evidence, interventions, and FIGO’s mother − baby friendly birthing facilities initiative•International Journal of Gynecology & Obstetrics 2015; 131.S49-52.  >>

 

La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere.
Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli.

Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli.
La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. E’ colei da cui andiamo a casa.

E’ quello che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite.

Lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. Vive in un mondo lontano che a forza si apre un varco verso il nostro mondo.

Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés

Di chi è il parto? [Reblog]

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<<Nel mio articolo precedente « La césarienne, ou les femmes à la découpe », ho mostrato come nel nostro paese [n.d.t. la Francia], un cesareo su due sia inutile e venga praticato soprattutto nell’interesse del medico, trasformandosi in uno strumento di dominazione sul corpo femminile.

Per togliere ogni ulteriore dubbio in quelle persone che pensano che questa tecnica sia innanzitutto utilizzata per salvare le madri e i loro bambini, basta esaminare cosa avviene nei luoghi della nascita, a livello mondiale.

Tanto la variazione spudorata della percentuale di cesarei associata ai vari paesi, come le situazioni vissute individualmente da alcune partorienti, dimostrano che questa operazione è prima di tutto un’appropriazione del ventre materno da parte delle società patriarcali.>>

Reblog da Innecesareo

Continua su Di chi è il parto?

Traduzione da Les éventrations à l’échelle mondiale

Vi propongo la lettura di un articolo davvero interessante che analizza gli effetti collaterali, determinati dall’assenza o dalle limitazioni apportate alla libertà di autodeterminazione della donna.

Effetti che incidono in modo estremamente rilevante sulla salute della madre e del bambino, con conseguenze che non possiamo nemmeno stimare, tanto è il loro impatto a breve e lungo termine.

Quella che ci propone l’articolo Di chi è il parto? è un’analisi che può scuotere per la sua intensità e che ci può aiutare a riflettere e a chiederci: a chi appartiene la Nascita? Chi sono i veri protagonisti? Quali sono i diritti e i bisogni della diade?

Buona lettura

e, se vi va,

condividete le vostre riflessioni.

 

 

Il Giudizio nella Nascita

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Traduzione di: Judging Birth

Autrice: Rachel Reed

 

Lasciarsi andare nella danza della Nascita

 

Artwork by Amanda Greavette

Il comportamento delle donne, nel corso dei secoli, è stato sottoposto a giudizio e controllo. Ci è stato chiesto di essere “brave e buone” – ossia di non creare problemi agli altri.

Proprio in questo contesto si inserisce anche il discorso sul “comportamento durante il parto”: un atto primordiale e selvaggio. Il nostro modo di lasciarci andare dando alla luce è radicato nel sistema limbico, l’area del cervello che abbiamo in comune con tutti gli altri mammiferi.

Nelle ondate del parto abbiamo bisogno di mettere a tacere la neo-corteccia – la parte razionale del nostro cervello.

Il risultato è un atteggiamento istintivo e “animalesco”.

Dal momento che siamo individui unici ed irripetibili, è chiaro che ogni attitudine è a sua volta unica ed irripetibile. Alcune donne sentono di voler stare in silenzio, calme. Altre sentono di voler vocalizzare, in una sfumatura ancestralmente selvaggia. Altre ancora, poi, abbracciano entrambe queste manifestazioni, nelle varie fasi del travaglio. Proprio come accade nell’intimità sessuale di coppia (a sua volta regolata dal sistema limbico) ci sono affinità nei comportamenti umani, ma siamo tutti diversi.

L’idea che ci sia un modo giusto o sbagliato di comportarsi durante il parto è inutile e giudicante.

Capita che il “restare calme e controllate” venga considerato il modo migliore di partorire. Quante volte è capitato di sentir descrivere in termini positivi una donna che, dando alla luce, “era controllata e, respirando, ha semplicemente dato alla luce il proprio bambino”?

Di rimando, una donna che si Manifesta in modo sonoro capita che sia incoraggiata a respirare (affinché smetta di urlare e gridare) e a concentrarsi. Questo tende a verificarsi più sovente in strutture che non possono assicurare l’intimità ad ogni donna in piena danza della Nascita, così si chiede loro di rimanere calme per non “spaventare le altre donne”.

Queste donne vengono anche descritte come donne che “non sanno accogliere e gestire” – quando, in realtà, accogliere e gestire sono aspetti importarti, anche a voce alta. Sono piuttosto coloro che stanno accanto che non sanno accogliere e gestire.

Michel Odent ha spiegato come un’intensa ed atavica paura e la sensazione di “perdersi” sia spesso sperimentata vicino alla fine del travaglio per facilitare il riflesso di eiezione del feto.

Non tutte le donne lo vivono e questo può accadere anche perché chi sta intorno interviene per calmare la donna e incoraggiandola a mantenere il controllo di sé.

Non sono solo gli altri, ma capita che siano le madri stesse a giudicarsi  per avere “perso il controllo” e aver “fatto rumore”. E’ molto triste che una donna si trovi a scusarsi per la competenza del proprio comportamento istintivo – eppure accade.

In aggiunta esistono anche corsi di preparazione alla nascita con lo scopo di insegnare a rimanere calme e sotto controllo durante il parto. Sfortunatamente alcune donne che hanno studiato questo tipo di training si possono sentire un fallimento quando i loro istinti prendono il sopravvento e si manifestano con vocalizzi.

Forse la nostra società è spaventata dalla potenza primordiale e ancestrale che emerge durante la Nascita – con essa si manifesta una donna connessa che esprime l’immenso potere e la profondità femminile. La reazione è quindi quella di chiuderla e zittirla e di incoraggiarla a comportarsi come una “brava ragazza” di modo da non turbare nessuno (inclusa se stessa).

Qui potete vedere un bellissimo esempio di una madre che si lascia andare in modo istintivo e sonoro.

 

 

Iniziamo ad onorare il nostro Lasciarsi Andare, qualunque esso sia!

Non importa che una sia calma e si concentri silenziosamente o che vocalizzi e si abbandoni in modo primordialmente selvaggio – è uguale e meravigliosamente unico.

Le ostetriche possono chiaramente aver bisogno di conoscere la donna che hanno di fronte per comprendere (con quello spirito intuitivo e creativo di sintonia) se, in un dato momento, una donna sta lasciando andare il suo competente istinto selvaggio o se ha bisogno di un supporto genuino votato all’empowerment. Parlare e fare un percorso con lei prima del parto può essere davvero utile. In aggiunta può essere importante farle sapere e ricordarle che troverà tutta l’accoglienza e la comprensione.

E’ anche fondamentale che le donne sentano altre storie di nascita per interiorizzare il fatto che ognuno di essi assume le proprie sfumature.

 

La scelta e le esperienze di parto

 

Artwork by Amy Swagman

 

 

Le donne possono anche essere giudicate (e giudicarsi) per il tipo di parto. Una partita senza vincitori.

Se si sceglie un cesareo elettivo senza indicazioni mediche, è possibile sentirsi giudicate (anche da se stesse). Se si sceglie un parto non assistito, è possibile sentirsi giudicate.  E così via per ogni tipo di nascita in merito alla quale altri hanno un’opinione o un giudizio su ciò che si deve o non si deve fare.

Non c’è un modo corretto di partorire.

Nel caso di donne e bambini sani, una nascita fisiologica e indisturbata è di base l’opzione più sicura.

Tuttavia, ogni diade fa il suo percorso.

La scelta che una donna fa in merito al proprio parto, sulla base di una consapevole ed informata valutazione dei rischi e benefici merita davvero tutto il rispetto. Il perno della questione è un altro ossia la garanzia che ogni donna abbia acceso alle adeguate informazioni da accogliere nel proprio percorso di vita e tramite le quali formulare la proprio scelta – e non sulla scelta in sé.

Ci possono essere nette differenze tra un parto descritto sui testi e le reali percezioni di una mamma. Appare chiaro che “la cartella del parto” non è correlata alla percezione che una donna ha del proprio parto. E’ importante chiedere ad una donna come si sente in merito al proprio parto, piuttosto che creare interpretazioni in base alla forma degli eventi. Spesso le sensazioni sono ancorate alle premure e al rispetto ricevuto (o all’assenza di essi) piuttosto che al fatto inteso in senso puro ed astratto.

Ogni nascita è preziosa – anche ovviamente quelle che non sono andate come pianificato o sperato.

Il senno di poi è una cosa meravigliosa: può capitare di guardarsi indietro per poi dirci che avremmo tanto voluto sapere X perché così non avremmo fatto Y che si è concluso con Z. Alcune donne, per esempio, scelgono il parto in casa basandosi sulla precedente esperienza di nascita che, col senno di poi, avrebbero voluto vivere differentemente.

E’ solo per via di quella precedente esperienza che hanno esplorato e interiorizzato questi aspetti legati al dare alla luce e a se stesse. Quella precedente insoddisfacente (e in alcuni casi traumatica) esperienza ha gettato le basi per la crescita personale.

Alcune volte il parto non va come programmato perché la situazione, se lasciata così, andrebbe incontro ad un esito drammatico. In questi casi, interventi appropriati e rispettosi possono e devono salvare le donne e i loro bambini. Tuttavia le donne spesso tendono a dubitare del proprio corpo e quindi possono reagire giudicando se stesse e qualificando la propria esperienza come un fallimento.

In conclusione

Non cè un modo corretto di partorire o di comportarsi durante la nascita. In quanto donne e madri siamo spesso sottoposte a giudizi (da parte nostra o di terzi).

E’ proprio giunto il momento di nutrirci e supportarci a vicenda e singolarmente.

 

Original post: Judging Birth

This post is also available in Spanish at Placentera.

L’esame vaginale: consenso e percezioni

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Childbirth artOgni esame, cura o intervento medico necessita imprescindibilmente il consenso della persona interessata.

La percezione del consenso a livello sociale riflette bene i dibattiti dottrinali e giurisprudenziali che da tempo avvengono sul tema.

Scardinato l’approccio paternalistico e stata proposta (si intende sempre in letteratura e in giurisprudenza) l’adesione ad un tipo di comunicazione oggettiva, unita al counseling, al fine di bilanciare aspetti medico-scientifici e il percorso di vista (background culturale, personale, ecc.) della persona che necessita cure e premure.

Non esiste una gerarchia:

ogni singolo trattamento, intervento o pratica medico-sanitaria necessita che questo consenso sia realmente informato.

Ossia, non è sufficiente la mera e distaccata firma apposta su un modulo, magari presentato dal personale infermieristico (eventualmente, poco prima dell’inizio).

E, tanto meno, non è accettabile evitare di informare e chiedere alcunché,

Tanto si tratta solo di un controllo veloce e superficiale

La portata di questo discorso è sicuramente giuridico-legale,

ma va davvero oltre!

E’ umana, sociale, personale, interrelazione.

Nessuno può sapere l’impatto interiore ed intimo di un qualsivoglia gesto, ancor più in ambito medico.

Mi ha fatto molto riflettere leggere l’articolo scritto dall’ostetrica Mary Stewart

che si può trovare in inglese al link AIMS Journal, 2010, Vol. 22 No. 1

Essa ha analizzato gli effetti degli esami vaginali interni,

focalizzandosi sulla percezione delle donne.

E’ un tipo di controllo per il quale raramente si chiede il consenso,

nonostante esso sia giuridicamente indispensabile;

Intorno a questo esame esiste una sorta di tabù, se ne parla poco

e spesso lo si vive come un “qualcosa che per fortuna finisce velocemente”

e che può lasciare un senso di disagio, ancor più laddove avvenga in un contesto anodino, asettico, distaccato.

Lo sviluppo della medicina è stato influenzato dall’approccio meccanicista che vede il corpo come una macchina costituita da parti analizzabili e considerate separatamente.

In base a questa impostazione, la donna che partorisce è divisa in sezioni fisiche – utero, cervice, il bambino (anche lui un frutto-oggetto del parto) – in un processo sequenziale lineare e sistematico. In questi testi medici la donna è quindi sparita, lasciando il posto a diagrammi anatomici e misure. Questa analisi così semplificata ha avuto il suo impatto nella percezione della nascita e delle pratiche che ruotano intorno a questo evento.

Alla luce di ciò è interessante citare uno studio condotto da Mary Stewart, la quale ha proposto un’intervista a 10 donne:

6 primipare e 4 pluripare (alla seconda gravidanza).

Tutte le donne sono state intervistate due volte: una verso la fine della gravidanza,

l’altra indicativamente due settimane dopo la nascita del bambino.

Le interviste sono state fatte al domicilio delle mamme e registrate col loro consenso.

Per quanto riguarda il periodo della gravidanza, è emersa una impressionante assenza e diffusione di informazione.

Il campione di donne considerato aveva seguito corsi di accompagnamento al parto e nessuna di loro ricordava che se ne fosse trattato in modo approfondito.

Una donna  (tra l’altro ostetrica) ha, per esempio ,commentato:

Non ricordo che sia stato trattato nei corsi di accompagnamento, no… non specificamente, almeno. Intendo dire, penso che loro abbiano detto che… mentre parlavamo delle fasi del travaglio, hanno detto: “Oh, sarete controllate più o meno a 4 cm o giù di lì e dovrete arrivare a 10 cm” ma non hanno specificato che sarebbe avvenuto tramite un esame vaginale, si capisce ciò che intendo? Ha senso?”

Geraldine, 36 e.g., primo bambino – ostetrica

traduzione da VEs: What Women Say

Sembra che, nonostante l’intento quello sia di fornire una preparazione al travaglio e al parto, è difficile per le donne accedere ad informazioni chiare riguardo a queste procedure così comuni e diffuse, se non tramite fugaci aneddoti o libri specifici.

Altrettanto eloquente è il commento di una donne tramite il quale emerge quella che è la comune percezione e le diffuse credenze sul consenso e sui diritti personali.

Hope: Intendi dire che succederà più di una volta?

Mary: Be’, si, solitamente eseguono un controllo vaginale ogni 4 ore, tuttavia, dipende, cioè, potresti riceverne alcuni…ma non devi se non lo vuoi, non possono farlo senza il tuo consenso e tu puoi dire “No”.

Hope (con tono sbigottito): Stai dicendo che posso davvero decidere?

Kate, secondo figlio, 11 giorni dopo il parto.

Traduzione da: Ves What woman say

Le parole usate dalle donne per descrivere la pratica evocano termini come “dolore”  “fastidio” e “disagio”. Alcune delle volte, poi, queste sensazioni vengono mitigate da una sorta di legittimazione psicologica che, passando tramite l’assunzione della personale responsabilità, si ancorano al timore reverenziale verso il professionista, unico depositario del sapere, deus ex machina, salvatore e onnisciente.

Per quanto la competenza del professionista sia indiscutibile,

il passo dialettico porta sempre allo stesso punto: la delegittimazione della donna in chiave umana e giuridica.

E’ emerso che alcune donne con precedenti esperienze di abusi sessuali, corrono il rischio di sentirsi nuovamente scosse e traumatizzate.

Ad ogni modo, sarebbe utile anche riconoscere che la procedura può essere traumatica per qualsiasi donna, a prescindere dalla sua storia.

L’esame vaginale è sicuramente uno strumento utile ed importante che può fornire informazioni sulla dilatazione cervicale e sulla posizione del bambino,

tuttavia, proprio come altre pratiche, ha i suoi limiti (ancor più se preso da solo, in un contesto isolato) e ha le sue alternative.

Il sistema cervico-centrico è così radico da emergere ovunque. Nonostante le donne siano invitate a credere in se stesse e ad ascoltare il proprio corpo, la tendenza pare essere ancora troppo spesso di tipo meccanicistica, basata numeri, unità di misura e parametri

Signora, è a soli 2 cm di dilatazione, non è in travaglio

non tenendo quindi in considerazione la dinamicità di ogni singolo evento (la dilatazione, per esempio, può accelerare o rallentare a seconda di molti fattori, tra i quali spiccano per prime le emozioni e i bisogni della donna).

La realtà è che il corpo (della donna) è complesso, unico, irripetibile.

La nascita porta con sé una miriade di sfumature che non possono essere inquadrate in parametri e in rigidi protocolli ,né definibili in base ad altrui esperienze.

Per riassumere, è importante che ogni atto, intervento o manovra venga preceduto da una valutazione che tenga conto di informazioni medico-scientifiche aggiornate, corrette e trasparenti (basta porre un accento su una statistica o operare qualche omissione per plasmare una decisione),a loro volta, bilanciate con quello che è un rapporto di counseling personalizzato.

E, soprattutto, non dovrebbe mai essere fatto nulla, in assenza del consenso della donna, così come è allo stesso modo importante che si smetta immediatamente quando la donna lo chiede o si mostra infastidita. In caso contrario, può essere davvero vissuto come una violenza.

Bibliografia:

Pelvic examination of asymptomatic women – attitudes and clinical practice.

Vaginal Examination During Normal Labor: Routine Examination or Routine Intervention?

L’Etica del consenso informato. Riflessioni per il medico e il paziente

The experience of labour: using ethnography to explore the irresistible nature of the bio-medical metaphor during labour.

VEs: What Women Say

Il parto: illusione vs realtà

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Ho trovato in rete un’immagine che mi ha fatto molto riflettere.

Con sarcasmo viene messa a confronto una scena di finta estasi con una di puro e deforme terrore, per descrivere il travaglio e il parto attraverso gli occhi scenografici dei film e delle serie tv.

Accostamento divertente, irritante, mordace. Reale?

In parte si, i film raramente mostrano immagini costruttive sulla nascita.

Si passa da scene ipermedicalizzate in cui l’analgesia e gli interventismi ruotano intorno a donne che urlano in posizione litotomica,

a scene dai contorni estatici, senza catarsi. Chi osserva non percepisce nulla del potente percorso di Nascita, di energie, dei Passaggi che la danza del parto porta con sé.

E poi c’è l’altra immagine che vuole rappresentare la realtà:

una donna completamente terrorizzata dalle immagini del parto.

A livello socio-culturale, la gravidanza pare aver perso parte delle sue radici.

Pratiche, manovre, comunicazione, immagini evocative,… hanno costruito una percezione ed una realtà che necessita di essere risanata.

Da un lato si assiste ad un percorso sociale di connessione con la danza della Nascita,

dall’altro lato si registra un processo ancora lungo di elaborazione.

Ancor oggi vengono messe in atto alcune pratiche obsolete, non supportate dalle più aggiornate evidenze scientifiche. Pratiche che vengono accettate in alcuni casi, come risultato dell’assenza di un reale consenso informato chiaro e trasparente e/o della mancanza di conoscenza dei propri diritti (non solo di dover/poter esigere la richiesta del consenso informato, ma anche di poter dire di No a qualsivoglia trattamento medico).

Pensiamo all’episiotomia.

Si tratta di una manovra che è stata introdotta e diffusa dapprima negli USA dove è stata promossa con argomentazioni fallaci e manipolate. L’episiotomia era associata alla  “protezione del feto” con evocazioni di stampo emotivo, come:

“Ogni minuto in cui la testa del bambino staziona nel perineo, perde due punti del proprio QI”

“il cervello fetale soffre per le pulsazioni e la congestione in un parto difficile, col rischio di andare incontro a danni celebrali e anossiemia o asfissia”

“La discesa della testa del bambino, per la madre, è come un colpo di forchetta che buca il perineo; per il bambino è come sbattere la testa contro una porta.”

Ovviamente, nessuna di queste affermazioni è fondata. Tuttavia, sono state sfruttate per giustificare un’estesa e generalizzata diffusione di questa mutilazione genitale.

Autori come Sheila Kitzinger hanno pubblicato studi sull’impatto fisico ed emozionale dell’episiotomia.

Un impatto che, nel nostro ordinamento giuridico, è stato per certi versi ripreso in alcune sentenze come la n. 11958 della Terza Sezione Civile della Cassazione tramite la quale una coppia ha ottenuto un significativo risarcimento danni a seguito dell’episiotomia effettuata, senza consenso, durante il parto.

Considerato che è ormai dimostrato che questa tecnica può implicare una lesione (un taglio) alla ghiandola del Bartolino, deputata alla lubrificazione vaginale nei rapporti sessuali, nonché a lacerazioni anali e del retto, la Terza Sezione Civile della Cassazione  ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Roma, che aveva riconosciuto a due coniugi un risarcimento dei danni, ma solo in misura contenuta.

La donna, durante il travaglio del parto, era stata sottoposta a un intervento di episiotomia riportando lesioni gravi permanenti con un’irreversibile incontinenza anale. Ciò aveva avuto gravi ripercussioni sulla sua vita fisica, psicologica nonché sessuale e su quella del marito,  entrambi quindi si sono rivolti al giudice contro l’ente sanitario Ausl Roma G per ottenere il risarcimento di tutti i danni, biologico, patrimoniale e non.

O ancora, Il tribunale di Venezia (causa civile inscritta al 16591/2005 con sentenza 30/0233/2009) in una circostanza affine ha sancito che

l’episiotomia è un intervento chirurgico: poco rileva che sia eseguita di routine, e che usualmente non si chieda il consenso della paziente. Si tratta di un intervento volontario – e cruento – su un paziente, e non vi è ragione di non annoverarlo fra i trattamenti sanitari, i quali a mente della Costituzione non possono esser praticati se non previo consenso debitamente informato.

Proseguendo poi:

“In concreto per tale intervento la paziente non fu né previamente informata in ordine alla opportunità di praticarlo né a potuto quindi rifiutarlo, cosa che ella avrebbe potuto fare solo alla luce di una corretta e completa analisi di vantaggi e svantaggi.

L’intervento in questione costituisce fattore predisponente e comunque statisticamente correlato con un incremento percentuale dei casi di lacerazione del perineo, e, di conseguenza, con possibili lesioni sfinteriche.

L’avere praticato un intervento predisponente alla lesione, senza il consenso o il rifiuto della paziente – e secondo il CTU, che sul punto diffusamente argomenta – senza alcuna indicazione dei possibili svantaggi – costituisce ulteriore comportamento colposo, che come tale va ascritto ai convenuti tutti.”

Parte del danno, oltretutto, è nascosto. Alcune donne riferiscono che l’episiotomia ha avuto un impatto non indifferente nella loro vita sessuale (intensa in senso lato, non solo come atto sessuale di coppia).

L’ostetrica Jenny Sleep ha evidenziato come il suo uso routinario non protegge dalle lacrime, non tutela il bambino e non previene infezioni.

Per questo è davvero importante che la comunicazione tra la donna e il professionista sia di tipo collaborativo, rispettoso, umano.

Uno dei consigli dati alle donne è quello di chiedere gli studi scientifici alla base delle proposte indicate; tuttavia questa richiesta, laddove non ci sia un rapporto né un intento votato alla comprensione e all’ascolto reciproco, può scontrarsi con limiti intrinseci (per quanto possa essere utile per mettere in luce, in alcuni casi, l’assenza di una base scientifica aggiornata).

Pensiamo ancora all’ampio uso di ultrasuoni, tecnica promossa come sicura e messa in discussione, a partire da una ricerca del 1979 (seguita da altre più recenti).

In questo studio è stata messa in luce “la persistenza di un comportamento anormale nelle cellule esposte ad una singola dose diagnostica di ultrasuoni dieci generazioni dopo l’insonazione”.

La rivista The Lancet ha, a sua volta, pubblicato uno studio condotto su più di 9000 donne divise in due gruppi: da un lato coloro che si sottoponevano a precoci e frequenti ecografie routinarie, dall’altro coloro il gruppo di controllo. Le evidenze emerse in questo studio, confermano ogni incertezza sulla reale e benefica necessità di questo tipo di approccio, in modo generalizzato e spersonalizzato.

Questa situazione aiuta a comprendere come, a livello socio-culturale, è davvero difficile percepire cosa si intenda per “parto fisiologico”.

Talvolta il concetto viene associato al “parto vaginale”, espressione che di per sé può anche non avere nulla di fisiologico (pensiamo ad un parto senza libertà di movimento e/o in cui viene praticata la Kristeller e/o in cui la donna non si sente a proprio agio, che si sente umiliata, sminuita, in balia dell’altrui volere, e così via).

L’impatto della nascita sulla salute della diade (mamma e bambino, a breve e a lungo termine) necessita di trovare la sua giusta collocazione. 

La danza del parto (in tutte le sue sfumature soggettive e ossimoriche) dona l’opportunità alla donna di percepire ulteriormente la propria potenza, la propria natura mammifera, la propria competenza nel prendersi cura del suo bambino.

Non si tratta di riflessioni superficiali sul tipo di parto, né di classificazioni generiche e astratte. E’ un discorso sulla sostanza, sulla vera libertà di scelta, sulla reale facoltà di essere parte attiva nell’autodeterminare il proprio percorso (qualunque esso sia) e di rispettare e custodire la Nascita e la Diade.

Provate a prendere in braccio e portare via dalla mamma un cucciolo di scimpanzé o di gorilla appena nato: la mamma vi ucciderà

– Beverley Beech

E’ una sensazione che alcune mamme possono raccontare con grande trasporto.

Un camminare sulla corda come un’equilibrista, bilanciandosi tra il disagio e ciò che viene inculcato ed accettato a livello culturale.

Non lo sentivo giusto…si, insomma, il mio bambino ed io dovevamo stare insieme, mi dava fastidio vederlo lontano, in braccio ad altri

– Mamma Lucia –

Siamo indotte a legittimare e ad accettare che chiunque possa prendere in braccio un bambino, compreso il proprio. Che il distacco (anche precoce) sia razionalmente comprensibile, che sia un problema della mamma e/o del bambino il non accettare serenamente la separazione e le interferenze.

Sanare la Nascita significa ripartire dall’umanità e dalle radici.

Vuol dire riscoprirsi Potenti e Competenti, vuol dire conoscere i propri diritti (legali, etici, morali, emotivi,…), implica una connessione empatica con i propri bisogni e quelli della persona che ci sta di fronte, rispettandosi.

Monet Nicole

Photo from Monet Nicole – Birthing Stories

Tuteliamo la salute in gravidanza e nel parto, ovvio! Ovvio?

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Parlare di diritto alla salute ai giorni nostri può sembrare così scontato,
da non ottenere più di una fugace attenzione.

Salute, però, non è puramente una meccanica assenza di malattia,
è benessere psicofisico.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il diritto alla salute implica “sostenere gli individui nel raggiungimento del più alto livello possibile di salute e benessere”.

La definizione di Salute cui l’OMS fa riferimento consiste in “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo nell’assenza di malattia o d’infermità”.

L’assistenza alla maternità non può quindi ridursi alla sopravvivenza di madre e figlio (“Signora, suo figlio è vivo, cosa vuole di più?”), ma deve mettersi a disposizione come fautrice di benessere psicologico ed emozionale, durante la gravidanza, il parto, nell’accoglienza del bambino e nel puerperio.

L’OMS* ha indicato 15 raccomandazioni basilari per il parto, sottolineando così la valenza del termine “salute”:

1. Per il benessere psicologico della neo-madre deve essere assicurata la presenza di una persona di sua scelta – famigliare o non – e poter ricevere visite nel periodo post-natale.

2. A tutte le donne che partoriscono in una struttura deve venir loro garantito il rispetto dei loro valori e della loro cultura.

3. L’induzione del travaglio deve essere riservata solo per specifiche indicazioni mediche ed in nessuna regione geografica si dovrebbe avere un tasso superiore al 10%.

4. Non c’è nessuna giustificazione in nessuna regione geografica per avere più del 10% – 15% di cesarei.

5. Non c’è nessuna prova che dopo un precedente cesareo sia richiesto un ulteriore cesareo per la gravidanza successiva. Parti vaginali, dopo cesareo, dovrebbero venir incoraggiati.

6. Non c’è nessuna indicazione per la rasatura del pube e per il clistere prima del parto.

7. La rottura artificiale delle membrane, fatta di routine; non ha nessuna giustificazione scientifica e se richiesto, si raccomanda solo in uno stadio avanzato del travaglio.

8. Il monitoraggio elettronico fetale, fatto di routine, deve essere eseguito solo in situazioni mediche particolarmente selezionate e nel travaglio indotto.

9. Si raccomanda di non mettere la donna nella posizione supina durante il travaglio e parto. Si deve incoraggiare la donna a camminare durante il travaglio e di scegliere liberamente la posizione per lei più adatta al parto.

10. L’uso sistematico dell’episiotomia non è giustificato.

11. Il neonato in salute deve restare con la madre ogni volta che le condizioni dei due lo permettano. Nessun processo di osservazione della salute del neonato giustifica la separazione della madre.

12. Si deve promuovere immediatamente l’inizio dell’allattamento persino prima che sia lasciata la sala parto.

13. L’allattamento costituisce l’alimentazione normale e ideale del neonato e dà allo sviluppo del bambino basi biologiche ed effetti impareggiabili.

14. Durante il travaglio si dovrebbe evitare la somministrazione routinaria di farmaci se non per casi specifici.

15. In gravidanza si raccomanda un’educazione sistematica sull’allattamento al seno, poiché attraverso un’educazione ed un sostegno adeguato tutte le donne sono in grado di allattare il proprio bambino al seno. Si deve incoraggiare le madri a tenere il bambino vicino a loro e di offrirgli il seno ogni volta che il bimbo richiede. Si raccomanda di prolungare il più possibile l’allattamento al seno e di evitare il complemento di aggiunte. Una madre in buona salute non ha bisogno di alcun complemento fino a 4 – 6 mesi di vita del bambino.

Sono raccomandazione “nuove”, che di nuovo hanno poco nulla, se non che testimoniano la difficoltà di radicamento nel sostrato medico-culturale di questi principi fondamentali per una Buona Nascita.

Sulla base di queste indicazioni, è nato il Disegno di legge 2006 :
‘Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato’
del quale mi preme riportare l’art. 1.1 a) promuovere un’appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante;
b) assicurare la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell’esperienza della genitorialità;
h) assicurare la qualità dell’assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica nel periodo perinatale da valutare con indicatori adeguati sull’impiego e sui risultati delle pratiche raccomandate sulla base delle prove scientifiche, a partire dal tasso di prevalenza di allattamento esclusivo al seno all’atto delle dimissioni dal reparto;
i) contrastare le disequità territoriali e sociali di accesso ai servizi per la tutela materno-infantile, anche per la popolazione immigrata, mediante l’adozione del modello operativo basato sull’offerta attiva.

Questa presa di posizione del nostro governo (per quanto sia stata in nuce) è a suo modo incoraggiante.

Siamo tutti responsabili e agenti attivi all’unisono, in questa sfera.
Vedere e ricevere input da più fronti è fondamentale, a maggior ragione se provengono dallo Stato, nostro garante.
Può fungere anche da sprone per ricordare che esistono davvero dei diritti di cui renderci portavoce.

Troppi parti vengono sacrificati nel nome di una tutela difensiva (anche e soprattutto legale).
Troppi cesarei prendono piede per moltissime ragioni, troppe poco plausibili e, tra di esse, quella di proteggere la madre ed il bambino da sofferenze.

La sofferenza di madre e bambino, in quei contesti, è reale, ma da dove nasce?
Il cesareo, come qualche altra manovra artificiosa, può (potrebbe!) essere davvero la risposta necessaria e benefica, ma a volte è davvero tale solo se ci ostiniamo a guardare l’ultimo tratto di un lungo percorso.

Cosa ha indotto il meccanismo di reazione fisico-ormonale della madre e del bambino ha mettersi in uno stato di allerta e sofferenza? La madre si sentiva a sua agio? Si sentiva protetta e ascoltata? Poteva muoversi? Era bloccata o libera di esprimersi totalmente? Ha subito pressioni a suon di orologio?

L’esempio del cesareo è usato come lampante portavoce di tutte quelle varie influenze la cui vantaggiosità in termini di salute e benessere, è in dubbio.

Pensiamo alle ecografie.
Alcune donne riferiscono di esser sottoposte a controlli ecografici mensili o bisettimanali, per quasi la totalità dei 9 mesi. Si tratta sicuramente di uno strumento efficace ed importante a livello diagnostico, ma, come si suol dire, in medio stat virtus.

L’Accademia Americana delle Scienze (PNAS) che supporta le raccomandazioni della Food and Drug Administration (ente statunitense per il controllo sui farmaci) mette in guardia contro l’uso di ecografie in gravidanza fatte senza indicazione medica e a scopo commerciale.

A scanso di equivoci, non si vuol demonizzare, tutto il contrario, semmai si tratta di riportare questi controlli ad un piano umano e mediato.

“Il risultato non va interpretato come un allarme nei confronti dell’ecografia”, spiega il neurofisiologo Piergiorgio Strata, dell’università di Torino. “Si tratta piuttosto di invocare il principio di cautela, riconoscendo che questa è una tecnica utile ma della quale non si deve abusare. Va fatta solo quando è necessario”.

A questi dati scientifici e analitici, vanno aggiunte tutte quelle contaminazioni psicologiche ed emozionali che ne derivano.

Una madre resa dipendente dai continui e ripetuti controlli, perde o abbassa drasticamente la consapevolezza verso il proprio corpo.
Con un atto di esclusiva fiducia e dipendenza verso la tecnologia, sacrifica il contatto con se stessa e il proprio bambino.

Questa non è salute, perché non è benessere. E’ solo una passiva e pericolosa delega, non priva conseguenza.

La tecnologia medica è diventata taumaturgica rispetto a paure e timori insiti nel percorso di nascita; paradossalmente, però, la paura e le complicazioni del parto sono aumentate.

E’ importante, quindi, innestare un processo di umanizzazione della nascita.

La salute della diade necessita di tutela sin dall’inizio:
ha bisogno di fiducia ed accoglienza, per poter preservare la sua fisiologia.

Questa è salute, questo (e molto altro ancora) è il benessere

salute nel parto
Artwork: Steve Gribben

Placenta encapsulation

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L’importanza del Cerchio

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Spesso in gravidanza ci si sente in balia degli eventi e delle decisioni altrui.

Non fa molta differenza se l’anamnesi è fisiologica o se necessita di supporto medico :

la deresponsabilizzazione fattuale (ma non legittima, né giuridica) prende piede.

Non è facile per nessuno.

Lo specialista ha molte volte un suo bagaglio analitico che non necessariamente è supportato da un approccio empatico (siamo umani, ognuno ha il suo percorso di vita, senza contare che molti fattori come la stanchezza e una dura giornata, possono drammaticamente ostacolare ogni tentativo di comunicazione trasparente e aperta).

La società, a sua volte, tende a sminuire ogni atto di consapevolezza sulla maternità.

E’ paradossale.

E’ socialmente accettato e compreso che si impieghi molto tempo per raccogliere informazioni e maturare decisioni relative al matrimonio, alla scelta di una nuova casa e addirittura sulla meta delle successive vacanze; mentre è contestato ogni atteggiamento di premura e di approfondimento sulla gravidanza e sul parto.

Ognuno di noi può cambiare qualcosa.

Possiamo davvero essere il cambiamento,

quella scintilla che, in quel determinato giorno, ha seminato qualcosa, nel mondo, nell’interiorità di un altro.

Uno dei tantissimi strumenti a cui appoggiarsi è il dialogo chiaro, cristallino e dettagliato
con noi stessi e con la persona che vogliamo includere nel nostro percorso.

Il parto è un atto di fiducia, un abbandono fiducioso (non smetterò mai di ripeterlo):
avere al proprio fianco un cerchio di supporto benevolo ed accogliente è basilare.

Perché questa persona merita il privilegio di assistere al mio parto?

Mi fa piacere che ci sia? In caso contrario, cosa posso fare?

Sento di poter seguire lo slancio del mio corpo e di potermi abbandonare in sua presenza?

Sono questioni fondamentali, domande essenziali sulle quali poggiare alcuni passi.

Se i professionisti che ti circondano non credono in te e nella innata capacità di mettere al mondo,
come potrai tu credere in te stessa in un momento così sensibile, delicato e sensitivo come il parto?

Al contrario, se chi ti accompagna in questo percorso ha fede nella competenza fisiologica durante il parto, la sua fiducia sarà di grande aiuto.

Un esempio di elenco di domande da rivolgere, potrebbe essere questo :

– a quanti parti ha assistito di recente?

– quanti parti sono terminati in un cesareo? qual è la percentuali dei parti naturali?

– qual è il suo atteggiamento di fronte ad una gestazione di (oltre) 42 settimane?

– Qual è la percentuale di episiotomie eseguite?

– in quale posizione sono solite partorire le donne che assiste?

– quante partoriscono con un perineo intatto?

– ci sono pratiche particolari che lei ritiene necessarie? Per quale motivo?

– quante persone potranno starmi accanto durante il travaglio?

– lei ha voglia di assistermi nel mio percorso? Accoglierebbe una lista dei miei desideri? Pensa che potrebbe esser accolta all’interno della struttura?

Può anche esser utile domandare la fonte delle informazioni e richiedere ulteriori dettagli per contestualizzare, nel caso si trattino di esperienze dirette.

Se non si capisce qualcosa, è importante chiedere ulteriori spiegazioni.

Questa trama di parole ha un nobile obiettivo : prendersi cura della salute della madre e del bambino. Il concetto di “salute” va ben oltre alla mera sopravvivenza fisica e include il totale Benessere psico-fisico della diade.

A livello concentrico, non possiamo immaginare una società armoniosa e in pieno benessere,
se non partendo da quello del singolo, incominciando dal suo concepimento (e, se vogliamo, anche prima di esso).

La lista riportata è un semplice esempio (nemmeno esaustivo), un modo umile per evidenziare il giusto collocamento dei ruoli (dei soggetti attivi e di quelli meramente assistenziali) durante la gravidanza e nel parto.

Foto presa dal web

Apertura, fiducia, accoglienza : la Nascita

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Sono passati quasi 2 anni dalla nascita di L.
e, come ogni anno, in queste occasioni mi ritrovo a vivere in una diversa dimensione spazio-temporale
in cui il presente e il passato/il qui e il là, si fondono.

Risento le mie mani intrecciarsi a quelle della donna che mi sta di fronte,
piego la testa per accogliere le sue carezze e i suoi delicati sussurri
che celebrano la mia innata e mammifera saggezza e competenza.

Il mio corpo si distende e si contrae :
non sono mai stata così bene perché vivo nella fiducia e nell’accoglienza
e sono aperta all’incontro.

Partorire è un atto di abbandono fiducioso.

È un evento sacro, sessuale ed intimo.

Un atto di umile evoluzione può essere quello di riportarlo alla sua dimensione naturale.

La tecnologia e il progresso hanno creato
una nuova mentalità di discredito dell’umano-terreno e di celebrazione dell’altisonante sviluppo
(intriso di formalismi, titoli e apparecchiature).

Biologia e avanzamento tecnico non sempre sono sintonizzati.

Dagli anni ’50 la fisionomia del parto è completamente mutata.
Prima di allora, la madre partoriva tra le mura domestiche, circondata ed assistita da altre donne, in un’atmosfera familiare ed intima.
Nel dopoguerra lo scenario è mutato,
conducendo la donna a partorire in un ambiente estraneo, in mezzo ad estranei.
Le levatrici sono diventate parte integrate di una équipe che segue un protocollo.

I vantaggi che le nuove scoperte scientifiche hanno portato (maggiore igiene e controlli e minore mortalità materna-neonatale) sono state amplificate sino alla loro deformazione.

Si è giunti ad un punto in cui le donne sono spesso convinte di dover ringraziare l’ospedalizzazione per la sopravvivenza loro e del bambino, quando in molti di questi casi il rischio in cui sono incappate è stato determinato (in modo silente) dal processo di patologizzazione e snaturamento dell’evento (vuoi con manovre routinarie non necessarie, vuoi con l’inibizione dei meccanismi fisiologici che si crea in assenza di accoglienza e supporto empatico e rispettoso).

Non si tratta di sterili generalizzazioni né in estremismi,
è solo un auspicio al raggiungimento di un armonioso bilanciamento tra progresso e naturalità.

Questo può diventare il momento di recupero della maternità e della nascita di una nuova cultura del maternage,
pronta a riconoscere l’unità psicofisica della diade mamma-bambino e a celebrarla.

Provo un senso di unione e di gratitudine nei confronti di tutte noi donne, per la sacralità del femminino,
per questa trama di storie di vita e di famiglie che si intrecciano e si collocano in un disegno universale.

Sento la forza impetuosa di questo fluire e avverto fiducia.

Perché in fondo è questo di cui ha bisogno la nostra umanità, di fiducia.

Fiducia in sé e nell’altro (sia esso un individuo o un disegno più alto) e accoglienza.

Non sempre il percorso che si presenta è quello che avevamo immaginato, anzi, a volte prende le fattezze delle nostre paure.
Ma siamo qui e possiamo lasciarci andare in questa (gioiosa, lacerante, inaspettata,…) apertura.


Foto da The Mandala Journey