Spesso in gravidanza ci si sente in balia degli eventi e delle decisioni altrui.
Non fa molta differenza se l’anamnesi è fisiologica o se necessita di supporto medico :
la deresponsabilizzazione fattuale (ma non legittima, né giuridica) prende piede.
Non è facile per nessuno.
Lo specialista ha molte volte un suo bagaglio analitico che non necessariamente è supportato da un approccio empatico (siamo umani, ognuno ha il suo percorso di vita, senza contare che molti fattori come la stanchezza e una dura giornata, possono drammaticamente ostacolare ogni tentativo di comunicazione trasparente e aperta).
La società, a sua volte, tende a sminuire ogni atto di consapevolezza sulla maternità.
E’ paradossale.
E’ socialmente accettato e compreso che si impieghi molto tempo per raccogliere informazioni e maturare decisioni relative al matrimonio, alla scelta di una nuova casa e addirittura sulla meta delle successive vacanze; mentre è contestato ogni atteggiamento di premura e di approfondimento sulla gravidanza e sul parto.
Ognuno di noi può cambiare qualcosa.
Possiamo davvero essere il cambiamento,
quella scintilla che, in quel determinato giorno, ha seminato qualcosa, nel mondo, nell’interiorità di un altro.
Uno dei tantissimi strumenti a cui appoggiarsi è il dialogo chiaro, cristallino e dettagliato
con noi stessi e con la persona che vogliamo includere nel nostro percorso.
Il parto è un atto di fiducia, un abbandono fiducioso (non smetterò mai di ripeterlo):
avere al proprio fianco un cerchio di supporto benevolo ed accogliente è basilare.
Perché questa persona merita il privilegio di assistere al mio parto?
Mi fa piacere che ci sia? In caso contrario, cosa posso fare?
Sento di poter seguire lo slancio del mio corpo e di potermi abbandonare in sua presenza?
Sono questioni fondamentali, domande essenziali sulle quali poggiare alcuni passi.
Se i professionisti che ti circondano non credono in te e nella innata capacità di mettere al mondo,
come potrai tu credere in te stessa in un momento così sensibile, delicato e sensitivo come il parto?
Al contrario, se chi ti accompagna in questo percorso ha fede nella competenza fisiologica durante il parto, la sua fiducia sarà di grande aiuto.
Un esempio di elenco di domande da rivolgere, potrebbe essere questo :
– a quanti parti ha assistito di recente?
– quanti parti sono terminati in un cesareo? qual è la percentuali dei parti naturali?
– qual è il suo atteggiamento di fronte ad una gestazione di (oltre) 42 settimane?
– Qual è la percentuale di episiotomie eseguite?
– in quale posizione sono solite partorire le donne che assiste?
– quante partoriscono con un perineo intatto?
– ci sono pratiche particolari che lei ritiene necessarie? Per quale motivo?
– quante persone potranno starmi accanto durante il travaglio?
– lei ha voglia di assistermi nel mio percorso? Accoglierebbe una lista dei miei desideri? Pensa che potrebbe esser accolta all’interno della struttura?
Può anche esser utile domandare la fonte delle informazioni e richiedere ulteriori dettagli per contestualizzare, nel caso si trattino di esperienze dirette.
Se non si capisce qualcosa, è importante chiedere ulteriori spiegazioni.
Questa trama di parole ha un nobile obiettivo : prendersi cura della salute della madre e del bambino. Il concetto di “salute” va ben oltre alla mera sopravvivenza fisica e include il totale Benessere psico-fisico della diade.
A livello concentrico, non possiamo immaginare una società armoniosa e in pieno benessere,
se non partendo da quello del singolo, incominciando dal suo concepimento (e, se vogliamo, anche prima di esso).
La lista riportata è un semplice esempio (nemmeno esaustivo), un modo umile per evidenziare il giusto collocamento dei ruoli (dei soggetti attivi e di quelli meramente assistenziali) durante la gravidanza e nel parto.