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Chiunque in questi giorni decida di collegarsi al sito dell’OMS per dare un’occhiata alle nuove linee guida su gravidanza, parto e puerperio, si troverà di fronte a questa comunicazione:

“WHO has been alerted to concerns expressed related to the wording on episiotomy in specific situations. We have temporarily removed the publication from the website while we are doing a review of the evidence with in-house and external experts. We will make the publication available on the website once the review is completed and any needed revisions are made.”

ossia l’OMS è venuto a conoscenza delle preoccupazioni concernenti l’uso della episiotomia così come indicata e contestualizzata nella revisione 2015 delle linee guida,

così ha temporaneamente rimosso la pubblicazione dal sito web mentre sta conducendo una revisione con esperti interni ed esterni. La pubblicazione sarà di nuovo disponibile sul sito una volta che la revisione sarà completa.

Questa situazione è l’emblema della forza delle donne, dell’importanza della nostra voce.

Il cambiamento avviene dal basso ed è nelle nostre mani, nella nostra consapevolezza.

Non si sa ancora che piega prenderà questa revisione, tuttavia possiamo apprezzare il qui ed ora nato da questo gesto: una petizione che le donne brasiliane hanno creato e indirizzato all’OMS, all’UNICEF e all’UNFPA.

Questa è la versione originale che potete consultare e firmare: World Health Organization: Withdraw “Pregnancy, childbirth, postpartum Guideline 2015”

Qui di seguito, la traduzione in italiano.

<< Noi, donne brasiliane, siamo rimaste sorprese dalla recente pubblicazione della versione aggiornata di “Gravidanza, nascita, postpartum e cura del neonato. Una guida per le pratiche indispensabili (3a edizione)” redatta dall’OMS – World Healt Organization (WHO) 2015, nella quale sono emerse alcune raccomandazioni non basate su evidenze scientifiche e che rappresentano un potenziale danno per la salute sessuale e riproduttiva della donna nonché una violazione dei correlati diritti, un quadro che implica una mancanza di rispetto per i nostri corpi.

La sezione D5 della succitata guida contiene una Tavola con raccomandazioni per compiere una “generosa episiotomia” secondo le seguenti “indicazioni”: presenza di verruche e cheloidi, precedente lacerazione di 3° grado, emorragia in qualsiasi momento del terzo trimestre, precedente cesareo, uso di ventosa o forcipe, età anagrafica inferiore a 14 anni.

Le donne, le attiviste e i membri del movimento sociale,

visto che questa guida, nonostante si dichiari “aggiornata su evidenze scientifiche” (cit. “Queste linee guida revisionate includono un’ampia serie di evidenze scientifiche aggiornate”), non descrive il metodo di selezione e di raccolta di queste evidenze, né ha inserito citazioni riferite a studi, né elenca in modo trasparente il processo di elaborazione,

chiedono pubblicamente l’attenzione dell’OMS (WHO), dell’UNICEF e dell’UNFPA in merito alle seguenti considerazioni:

  1. Coerentemente con quanto indicato dall’OMS stesso, deve esserci una valida ragione per interferire con il processo naturale (1996)
  2. La “valida ragione” deve essere sostenuta da solide basi scientifiche. L’onere della prova della fondatezza dell’intervento è a carico di chi lo propone. Archibald Cochrane (1974) aveva già in passato ha affermato che “uno deve…sempre ritenere che un trattamento sia inutile a meno che ci siano evidenze scientifiche che provino il contrario”.
  3. La sopracitata guida consiste in una versione aggiornata della pubblicazione del 2003, con una prima revisione del 2006 ed una corrente del 2015, senza una singola modifica nel testo della sezione D5, nella quale sono inserite le raccomandazioni per l’episiotomia.
  4. Nel 2003, erano presenti solide evidenze contro l’uso routinario dell’episiotomia e non c’erano basi che supportavano l’uso dell’episiotomia nelle situazioni qui sopra elencate, così che rende davvero incomprensibile capire come si sia sviluppata questa raccomandazione. Quali sono stati i criteri? Nel 1983, Thacker e Banta hanno pubblicato il loro studio bibliografico esaustivo, nel quale hanno sottolineato l’assenza di evidenze sui benefici di un’episiotomia routinaria e hanno portato evidenze sul danno associato a questa procedura. Nel 1984 il primo studio clinico randomizzato (RCT) pubblicato dal British research group ha documentato una percentuale pari al 10% delle episiotomie laddove si applica un uso restrittivo e selettivo, contro il 51% laddove si eseguono episiotomie con un approccio routinario: chiaramente è emerso un alto tasso di perinei intatti nel primo gruppo. Questo studio conclude che non si può dare alcun supporto scientifico all’uso routinario dell’episiotomia e che non è nemmeno statuire che questa procedura sia idonea a ridurre la morbilità postpartum. Nel 1993 l’Argentine Episiotomy Trial Collaborative Group ha pubblicato un RCT evidenziando una maggiore frequenza di morbilità nel gruppo nel quale è stata eseguita un’episiotomia di routine, giungendo quindi alla stessa raccomandazione. In accordo con gli autori, l’episiotomia di routine deve essere abbandonata, dal momento che non ci sono basi per giustificare un tasso sopra il 30%. A questi studi RTC ne sono seguiti altri, riepilogati nel primo Studio bibliografico della Cochrane Collaboration (2000).
  5. Nel 1996 una pubblicazione intitolata “Care in normal birth: a practical guide” riprendendo queste evidenze scientifiche (citate nel documento), ha aggiunto questa raccomandazione: “in conclusione, non ci sono valide evidenze che mostrino effetti benefici legati all’uso liberale e routinario dell’episiotomia, mentre ci sono chiare prove dei danni che può causare. In un parto fino a quel momento fisiologico può verificarsi una valida indicazione per un’episiotomia, ma è comunque raccomandato un uso ristretto. Il tasso complessivo di episiotomie raggiunto nello studio inglese (10%) senza danni alla madre o al bambino (Sleep et al 1984) è un buon obiettivo da raggiungere”.
  6. Come può essere raggiunta la percentuale al di sotto del 10%, propria di un uso restrittivo dell’episiotomia, con queste generalizzate e assurde indicazioni, molte delle quali prive di un chiaro fondamento, senza evidenze scientifiche dell’efficacia e ognuna delle quali senza un singolo studio di controllo a supporto della loro necessità?
  7. In aggiunta, l’ultima versione della Cochrane Collaboration (2009) che include 8 studi RCT su un campione 5,541 donne, dimostra in modo chiaro i benefici di un uso restrittivo dell’episiotomia: minore frequenza di severi traumi perineali, bassa percentuale di traumi all’area perineale posteriore, minore necessità di suture, minore rischio di ferite e di complicazioni. Senza benefici attestati, non ci sono ragioni per insistere su un uso liberare e generoso delle episiotomie. Semmai le questioni che necessitano un’indagine sono esattamente collegate sul se esistano indicazioni per un uso restrittivo dell’episiotomia in situazioni come parti strumentali (uso di ventosa o forcipe-kiwi), nascita pretermine, supposta macrosomia e come prevenzione per un imminente e severa lacerazione perineale.
  8. Ad oggi, nessuna di queste situazioni descritte sopra ha ricevuto prove a supporto dell’utilità dell’episiotomia, tramite studi randomizzati,. In aggiunta l’OMS ha incluso assurde pretese per avallare il suo uso, come un precedente cesareo, un’età anagrafica inferiore ai 14 anni, verruche genitali, precedente storia di parto strumentale e emorragia nel terzo trimestre, motivazioni per le quali non ci sono evidenze scientifiche di supporto.
  9. “per evitare traumi perineali” è un’affermazione senza una robusta base scientifica esplicativa, perché l’episiotomia è a sua volta un trauma/una lacerazione di secondo grado e l’unico modo tramite cui una donna può mantenere integro il perineo è, appunto, quello di evitare l’episiotomia. In aggiunta, c’è un tangibile fattore di rischio associato ad un severo trauma perineale, documentato non solo da Cochrane ma anche in altri studi (Hartmann et al 2005).
  10. Di recente, alcuni studi hanno indagato se l’uso dell’episiotomia fosse necessaria in ogni situazione. La manovra è stata introdotta nella pratica ostetrica nel 1742 da Sir. Fielding Ould senza nessuna evidenza scientifica a riprova della sua efficacia, per poi diventare una prassi comune dal 1920 con “raccomandazione” di un uso routinario da parte di Joseph DeLee (1920) e di altri eminenti ostetrici, in un contesto di crescente ospedalizzazione e medicalizzazione nell’evento Nascita, a sua volta senza corroboranti prove, quali dichiarazioni e analisi dei benefici. In questo paradigma tecnocratico e secondo questa visione del corpo femminile come “difettivo e dipendente dall’intervento medico per la nascita”, è emerso un progressivo aumento dell’uso dell’episiotomia routinaria, prassi che è stata fortemente contrastata dai movimenti sociale degli anni ’70. La straziante situazione odierna porta a chiederci se tale procedura possa essere paragonata alla mutilazione genitale (Marsden Wagner, 1989) dal momento che l’episiotomia trova ancora indicazioni d’uso nella moderna ostetricia. Sono stati pubblicati studi osservazionali senza uso di episiotomia nel parto nei quali si descrive un tasso di perineo integro pari al 60% (Albers et al., 2006; Amorim et al., 2014; Suto et al., 2015). Un vasto studio ha mostrato che in presenza di determinati fattori (quali parto strumentale, distocia della spalla, presentazione occipitoposteriore, macrosomia, distress fetale), l’evenienza di un trauma perineale severo è significativamente più alto quando è eseguita un’episiotomia (Steiner et al, 2012). Nel 201 è stato pubblicato un compendio del primo studio RCT sul non-uso dell’episiotomia in qualsivoglia situazione versus un uso restrittivo dell’episiotomia, studio dal quale è emerso una percentuale di episiotomie più bassa del 2%  senza alcun severo trauma perineale (Amorim et al, 2015).
  1. In risposta all’aumento delle evidenze scientifiche, la pratica dell’episiotomia è in discesa in tutto in mondo, incluso il Brasile, dove nonostante l’elevato tasso (ossia il 54% come descritto nella ricerca “Birth in Brazil”, 2014) il paese annoverava un tasso sul 90% nelle primipare. Se queste supposte “raccomandazioni” dell’OMS presenti nella sue linee guida del 2015 venissero seguite, appare chiaro come questa tendenza al ribasso dell’uso dell’episiotomia potrebbe essere bloccata, di rimando è assai probabile che aumenteranno tutte le complicazioni inerenti il suo uso liberale (complicazioni che tuttora esistono) in contrasto con il programma nazione di umanizzazione della nascita, adottata del Ministero della Salute dal 2000, basato sulle linee guida dell’OMS del 1996.
  1. E’ possibile notare un’ulteriore peculiarità nel nostro paese: partiamo col considerare che il 56% delle nascite avviene via cesareo (2014) e, dal momento che un significativo numero di candidate per un parto vaginale dopo il cesareo (VBAC) potrebbero tranquillamente rientrare nell’elenco di casistiche da trattare con episiotomia – così come indicato all’interno delle linee guida dell’ OMS/UNICEF/ UNFPA-, si possono percepire tranquillamente le conseguenze a cui si andrà incontro. Questo significa letteralmente banalizzare la procedura, un ritorno all’uso liberale dell’episiotomia e anche un concreto rischio di estendere questa pratica (ancora in cerca di un fondamento logico per tutte le primipare). Si sta ritornando ad un uso routinario dell’episiotomia come descritto in passato? Perché del Brasile si dice che siamo un paese in cui “quando  non c’è un taglio sopra, c’è un taglio sotto” (Diniz and Chachan, 2004).
  1. Infine, sottolineiamo quanto sia palpabile, leggendo il testo, la preoccupazione da parte degli autori delle linee guida nel concepire l’autonomia e il protagonismo della donna che dovrebbe sempre essere tenuto in considerazione, come richiesto dai principi base di bioetica e di rispetto dei diritti umani. Ad eccezioni delle situazioni di imminente rischio di morte, è vietato ai professionisti sanitari di eseguire procedure senza il consenso e contro il volere della donna.
  1. Il non necessario uso dell’episiotomia è stato descritto come un’ulteriore forma di violenza ostetrica, come un abuso e un trattamento pericoloso durante la nascita. In linea col documento pubblicato del 2015 “ogni donna ha il diritto al più alto standard di salute possibile, incluso il diritto alla dignità e a cure rispettose durante la gravidanza e il parto”. E’ palese una lampante contraddizione insita nelle “raccomandazioni” delle recenti linee guida sul parto perché l’uso liberale dell’episiotomia non si configura come il più alto standard di cure, né tanto meno prende in considerazione il diritto al rispetto e alla dignità, durante la gravidanza e il parto. Allo stesso modo non chiedere il consenso per eseguire l’episiotomia è esempio di una possibile sovrapposizione di violenza nel parto: “Le categorie di abuso si possono accavallare; per esempio, la scelta di un operatore  di eseguire un’episiotomia non necessaria senza chiedere nemmeno il consenso alla donna può essere ricondotto sua al vizio di consenso che all’abuso fisico. Se il tutto fosse poi eseguito in un contesto senza privacy (come l’assenza di tende), si configurerebbe anche la fattispecie di violazione della privacy/confidenzialità”. (Miller and Lalonde, 2015).
  1. Movimenti sociali, inclusi gli attivisti della nascita per l’umanizzazione del parto e il movimento femminista, si sono mobilizzati contro la pratica dell’episiotomie non necessarie. Uno dei motti di questa campagna è “perineo intatto”, invocato per l’abolizione delle episiotomie di routine. Il solo modo per preservare l’integrità del perineo parte dall’evitare le episiotomie stesse perché, come è stato ampiamente discusso, l’episiotomia è già di suo un trauma/una lacerazione di secondo grado, che aumenta il rischio di severi traumi perineali.

Non possiamo ammettere che nel XXI secolo, con gli importanti progressi avvenuti nell’ambito sanitario grazie ad evidenze scientifiche, le società, i concili sulla sanità e le organizzazioni diffondano inadeguate raccomandazioni sul parto, promuovendo interventi non necessari.

Domandiamo quindi che l’OMS, all’UNICEF e all’UNFPA tolgano dalla circolazione queste linee guida, finché non siano in grado di spiegare il processo di sviluppo delle medesime, presentando le evidenze scientifiche esistenti e emettendo raccomandazioni basate su rilevanti evidenze scientifiche sull’uso dell’episiotomia. Sfortunatamente, se mai i professionisti sanitari che assistono al parto intedessero seguire queste raccomandazioni con tutta la fiducia che di solito essi accordano alle pubblicazioni dell’OMS, si genererebbero molti e seri danni. Per questa ragione è davvero urgente che l’OMS risponda a questo manifesto, in modo da evitare irreparabili problemi di salute nelle donne.

Bibliografia

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19. Miller, S., Lalonde A. The global epidemic of abuse and disrespect during childbirth: History, evidence, interventions, and FIGO’s mother − baby friendly birthing facilities initiative•International Journal of Gynecology & Obstetrics 2015; 131.S49-52.  >>

 

La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere.
Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli.

Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli.
La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. E’ colei da cui andiamo a casa.

E’ quello che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite.

Lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. Vive in un mondo lontano che a forza si apre un varco verso il nostro mondo.

Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés